riflessioni sul documento “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale”
Si è appena conclusa, oggi 18 Giugno 2022 presso il Santuario Madonna di Tagliavia, la Festa della Famiglia: finalmente dopo un lungo tempo durante il quale non abbiamo potuto vederci a causa della pandemia, ci siamo ritrovati in questo luogo meraviglioso, nel cuore della provincia di Palermo, per trascorrere una giornata nella condivisione, in preghiera e in fraternità.
A guidarci il tema dell’anno: Fratelli tutti, Amore senza limiti e misure, declinato da S. Ecc. Don Salvatore di Cristina e Don Davide Colantoni, che ci hanno fatto dono della loro presenza e della loro riflessione.
Don Salvatore ci ha condotto nella riflessione sul brano di Genesi 4, 3-15 e la domanda di Caino “Sono forse io il custode di mio fratello?” ha attraversato i millenni per farsi nostra domanda di fronte a tutti i crimini contro l’umanità. Tuttavia Dio affida l’uomo all’uomo e ciascuno di noi diventa responsabile dell’altro.
Don Davide ha attualizzato il brano di San Paolo (Col 3, 12-14) consegnandoci l’impegno di vivere nella concretezza della nostra vita tale affidamento. Siamo corpo e abbiamo bisogno di gesti concreti che testimonino la carità.
Tutto abbiamo affidato a Maria , cui il Santuario è dedicato, perché il suo cuore di madre ci accolga e rifaccia progredire nel cammino di Santità. Cammino che plasticamente abbiamo realizzato muovendoci in pellegrinaggio presso la Chiesa.
Per la nostra preghiera ci siamo fatti aiutare dai Santi e ciascuno di loro ci ha consegnato un dono:
la Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo ci consegna la Custodia
San Giuseppe Moscati ci consegna il Conforto
la Venerabile Elisa Giambelluca ci consegna la Cura
il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta ci consegna la Fiducia
la Vergine Maria ci consegna la Quotidianità
Condividere fraternamente il pranzo al sacco, giocare insieme, farci dono della presenza l’uno dell’altro, sono stati gli ulteriori ingredienti che hanno reso serena e gioiosa questa bellissima giornata !
Non è facile spiegare ad un bimbo di tre anni ciò che sta avvenendo in questo nostro momento storico… Difficile far comprendere come, dall’oggi al domani, non si possa più andare a scuola, vedere gli amici o abbracciare i nonni e gli zii. Una radicale trasformazione che, faticosamente, abbiamo dovuto accettare e che, giorno dopo giorno, stiamo portando avanti, come tutti, del resto.
Eppure a nostro figlio è bastato capire che la pulizia delle strade, delle scuole, dei parchi, dei negozi e perfino della Casa di Gesù ci ha tutti immobilizzati e che, per favorire queste “grandi pulizie”, è meglio restare a casa e attendere pazientemente, per poter poi godere ed apprezzare tutti questi luoghi messi a nuovo e pronti per essere riutilizzati.
La sensibilità dei piccoli e il loro spirito di adattamento, pur con tutti i limiti e le fatiche del caso, molto spesso sono sorprendenti per noi, mentre per loro è solo normalità.
Oggi, 31 ottobre 2019, la gioia della Giornata della Santificazione Universale ha raggiunto gli ascoltatori di Radio Vaticana.
Attraverso la voce e la testimonianza di Annaida Di Rosario, abbiamo condiviso l'ideale della santità e della fraternità universali.
La santità è possibile nella quotidiana ordinarietà di madri, padri, famiglie e comunità in cammino.
Puoi riascoltare in podcast l'intervista realizzata da Federico Piana, nel corso della trasmissione "il Papa ieri e oggi, il mondo secondo Francesco".
Vai al minuto 39,33 attraverso il link della trasmissione oppure scarica l'MP3.
È sempre il pensiero che fa la differenza. È dal pensiero che nascono le azioni, le scelte, i diversi atteggiamenti delle nostre giornate. Chiedersi “cosa penso?” permette di conoscersi. Ma non i pensieri superficiali bensì quelli profondi, quelli che non riusciamo ad accettare o che abbiamo rimosso.
Se penso di non essere abbastanza, farò di tutto per farmi accettare, oppure mi impegnerò tanto a buttare fango sulle persone così da non sentire il malessere che deriva dal senso di inadeguatezza che provo.
Se penso che gli altri sono stupidi avrò un atteggiamento di sufficienza o superiorità. Se penso che gli altri sono cattivi o penso che non ci si può fidare di nessuno, attiverò sempre atteggiamenti di difesa o di attacco.
Sintesi dell’Esortazione Apostolica post-sinodale
dedicata ai giovani
Christus vivit
È stata presentata, il 2 aprile 2019, l’Esortazione Apostolica post-sinodale “Christus vivit”, firmata lunedì 25 marzo nella Santa Casa di Loreto e indirizzata «ai giovani e a tutto il popolo di Dio». Il documento, composto di nove capitoli divisi in 299 paragrafi, è frutto della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
Nella mattina del 25 marzo, Papa Francesco è arrivato a Loreto accolto dall’arcivescovo Monsignor Dal Cin, dal sindaco e dalle altre autorità locali e si è recato al santuario della Santa Casa di Loreto.
In occasione della solennità dell’Annunciazione, il Santo Padre si è recato a Loreto anche per firmare e affidare così alla Madonna l’esortazione apostolica post sinodale dedicata ai giovani. Nel suo discorso davanti ai fedeli, Papa Francesco ha sottolineato che “la casa di Maria è anche la casa della famiglia”, ricollegandosi così ad una tematica molto delicata ma allo stesso tempo fondamentale nel mondo odierno. Oggi infatti “la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna assume un’importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezza e l’insostituibilità a servizio della vita e della società”, ha detto il Papa.
La difesa della vita è la prima pietra del bene comune. Con questa affermazione forte Papa Francesco ha inteso spronare il mondo politico alla vigilia della 41° Giornata nazionale per la Vita. L’invito del pontefice indica una direzione spesso trascurata del valore della vita umana, il suo carattere sociale: la difesa della vita “a partire dal suo concepimento fino al suo naturale spegnersi” dunque “coinvolge ogni cittadino e il complesso intreccio delle relazioni sociali”. Spesso la dimensione assoluta del valore della vita umana rischia di suggerire una lettura individualista, facendoci perdere l’orizzonte dello spazio e del tempo in cui ogni nuova vita è generata e si sviluppa.
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 41ª Giornata Nazionale per la Vita
(3 febbraio 2019)
È VITA, È FUTURO
Germoglia la speranza
«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo, che ha radici di certezza nel presente, in quello che possiamo riconoscere dell’opera sorgiva di Dio, in ciascun essere umano e in ciascuna famiglia. È vita, è futuro nella famiglia! L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel figlio suo Gesù. Questa è l’eredità, il germoglio, che possiamo lasciare alle nuove generazioni: «facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera» (1Tim 6, 18-19).
Sabato 19 gennaio un popolo allegro ed ordinato si è ritrovato nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, per il Primo Capitolo Generale del Monastero WiFi, un fantastico cocktail di preghiera, formazione spirituale e fraternità.
Un esercito di duemila anime accorse da tutta Italia per immergersi in un clima celestiale, conoscersi e toccare con mano ciò che le accomuna: la ricerca dell’OLTRE.
La Basilica brulicava di persone di tutte le età, donne e uomini, sposati e singoli, tutti desiderosi di un “upgrade spirituale”. E così ciascuno di noi si è visto regalare parole straordinarie sia durante le catechesi (rigorosamente differenziate per genere) sia nel corso della messa e dell’adorazione (la più silenziosa cui abbiamo mai partecipato) ed è tornato a casa con una carica da far esplodere nei propri ambienti di vita, nella certezza di essere Figli amati, chiamati ad una Santità feriale e gioiosa.
Enrica e Stefano, associati del Movimento Pro Sanctitate, dopo il Battesimo del loro piccolo Silvio, hanno riscoperto l’importanza di questo straordinario dono.
L’inconsapevolezza di un bimbo o una bimba di pochi mesi di fronte all’evento del suo Battesimo è banalmente evidente, ma la potenza di ciò che realmente significa e di ciò che può realizzare nella vita del battezzato/a e dei suoi genitori è qualcosa di profondamente stupefacente. Ciò che per il piccolo o la piccola sembra del tutto incomprensibile è in realtà una miniera di grazie per i genitori e per tutta la sua famiglia.
Erica Bassi, moglie di Davide, mamma di Marco, Chiara e Pietro, autrice del libro "La porta gialla", amica del Movimento Pro Sanctitate, ci racconta il suo Natale in famiglia.
Natale, santità, famiglia: tre parole affini tra loro; ci stanno bene, una accanto all’altra, senza sforzi apparenti…
Quando mi è stato chiesto di scrivere queste poche righe, ho subito pensato che, questa volta, me la sarei cavata con poca fatica e che sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Ingenua…
Aiutare i piccoli a diventare grandi, è questo che fanno i genitori.
Educare è accompagnare e favorire la crescita dei figli che ci sono stati affidati; una responsabilità grande, un’avventura incomparabile, un dono immenso.
Non ci sono scuole, ricette o libri che ci possono aiutare perché è un compito che si impara sul campo. Ma non sarebbe male se ci fermassimo ogni tanto e ci prendessimo cura del nostro essere genitori, delle nostre fragilità, per poter crescere in una competenza mai definitivamente acquisita.
Ci sono tanti aspetti che meritano attenzione; il primo che mi viene in mente è la separazione che rende possibile la crescita. È una lezione che i cuccioli di animali imparano subito e che invece noi esseri umani fatichiamo un po’ ad apprendere. La prima separazione, quella del cordone ombelicale, rende possibile il respiro, la vita in questo mondo. Ma quante altre separazioni non avvenute negano ai piccoli la possibilità di crescere equilibrati! Perché tanta paura a lasciar andare? La paura di eventuali pericoli? Una inconfessata ma radicata sfiducia nella capacità dei piccoli? La paura di perdere il controllo sulla loro vita?
Due lineette rosa ti stravolgono la vita. Ma vale solo la prima volta, il secondo cresce da solo. Dicevano.
Tutto è iniziato in una freddissima giornata di novembre, fuori c’era la neve e noi ci eravamo ritagliati quel sabato pomeriggio per dare alla casa un’atmosfera natalizia con qualche decorazione. Il piccolo di casa era più energico e la mamma più irascibile del solito e così il papà decide di uscire con il piccolo urlatore, con la scusa di comprare la punta dell’albero (la mamma aveva accennato solamente trentatré volte alla mancanza di quest’ultima, quasi con le lacrime agli occhi). Durante questa passeggiata padre-figlio, il papà riceve la chiamata della mamma: “Cos’altro devo comprare?” chiede ironicamente. “Niente di che, solo un test di gravidanza visto che ci sei”. “Perché un test di gravidanza?”. Silenzio… La risposta era ovvia. Da qui alle lineette il passo è breve, o meglio, il passo del papà è veloce, quindi il tempo è breve.
Baden Powell sosteneva che «nessun insegnamento vale quanto l’esempio», e rileggendo le parole del Papa al Campus Misericordiae a Cracovia questo motto scout calza alla perfezione. I discorsi sui «giovani» sono tanti e se ne sentono ovunque. Sebbene sia normale e in parte giustificabile identificare i ragazzi di una certa fascia d’età nella parola ‘giovani’, spesso e volentieri questo significa ridurre ogni ragazzo o ragazza ad un puntino nero in un quadro colorato, una goccia dell’oceano, che per quanto indispensabile viene annullata dall’impossibilità di esprimere se stesso.
Penso, che prima di proiettare un ragazzo sul «futuro del nostro paese», con frasi tipo «voi siete il nostro domani! Il futuro è nelle vostre mani», bisognerebbe infondere in quel ragazzo la capacità di scegliere la vita. Mi spiego. I discorsi lungimiranti hanno senso ed effetto solo se i ragazzi hanno già compreso quanto la loro vita sia unica, indispensabile e quanto un intero oceano senza la sua gocciolina valga meno.
Sotto i riflettori: la famiglia.
Perché papa Francesco ha mostrato un particolare interesse per la famiglia sin dall’inizio del suo pontificato.
Perché è iniziata la XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. E dove i giovani cominciano a comprendere il senso della loro vita e a muovere i primi passi della fede se non in famiglia?
Sotto i riflettori la famiglia, perché essa è una delle grandi sfide dei nostri tempi.
Perché la famiglia è un profondo bisogno dell’essere umano.
Da essa dipende il modo in cui una persona cresce ed impara ad affrontare la vita.
Rifugio, sicurezza, serenità, nucleo di persone dove ci si può sentire liberi di essere se stessi, in cui ricevere amore e attenzione. Efficace l’immagine del “nido”: come potrebbe un uccellino imparare a volare nell’immenso cielo e superare la “paura di non farcela”, se non avesse un nido nel quale fortificarsi e crescere?
Aeroporto di Catania. Attendo da più di un’ora l’arrivo di un volo internazionale. Sono immersa nel caos di tanta altra gente che attende come me. Mi guardo attorno, osservo: in una situazione in cui il nervosismo potrebbe salire alle stelle, la mia attenzione si ferma, ammirata ed edificata, sui movimenti, gli sguardi, le battute di una famigliola giovane e vivace.
La vita di Chiara Corbello è una storia di straordinaria e quotidiana santità.
E' la prova che la fede può vincere ogni paura, che l'amore può avere la meglio sulla morte, che il dolore non è solo baratro e disperazione.
Tutta la Chiesa, in questi giorni, gioisce per l'Editto promulgato dal Cardinal Angelo De Donatis, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, che dà avvio alla Causa di Beatificazione di Chiara.
Laica e madre di famiglia, sposa e madre di grande fede in Dio...
Chiara fa compagnia, in cielo, alla schiera dei santi, agli amici di Dio, ben più numerosi di quelli ricordati sui nostri calendari liturgici. Sono uomini e le donne, bambini, giovani, martiri... che hanno attraversato i secoli, tracciato solchi indistruttibili di bene e cambiato il corso della storia.
La storia di Chiara va conosciuta, non solo per essere ammirata... oggi la sua vita e la sua morte ci insegnano la fede, ci spingono al bene, ci aprono ad una speranza che non muore mai...
Visita il sito di Chiara Corbella Petrillo
Tanto è stato detto sulla storia di Alfie e sulla forza dei suoi genitori. Ricapitolare questa dolorosa e complicata storia, forse, in questo momento serve a poco. Serve sicuramente fare chiarezza, in nome di una giustizia che non è affatto ritagliata sul caso specifico ma che dovrebbe tutelare tutti.
In questo momento serve raccogliere quello che di buono rimane da questa perdita, per cercare di imparare, di crescere, di spiegare e di spiegarci...
Sono tre i tipi di sentimenti che restano, ripensando a questa incredibile storia: il primo, è innegabile, è la tristezza.
Di tutte le grazie e/o fortune (per qualcuno, lo so, potrebbero sembrare due sinonimi….ma, secondo me, la differenza sostanziale è notevole!), recentemente ho realizzato di averne ricevuta una enorme: due figlie che non praticano sport a livello agonistico.
Nonostante, infatti, sia indiscutibile il beneficio dello sport, non fosse altro perchè ci bombardano da tutte le parti con il messaggio che lo sport fa bene e che, unito ad una sana ed equilibrata alimentazione, preserva la salute (anche se poi stress, smog e co. credo bilancino), lo sport di oggi, almeno per i ragazzi, sembra non assumere i caratteri benefici sopracitati se tuo figlio/a ma solo una estenuante battaglia per la vittoria del prossimo campionato nazionale, ed a seguire mondiale. Che sia calcio (ora anche femminile), danza, ginnastica artistica, ritmica, cosmica ed acrobatica, pattinaggio sul ghiaccio, con rotelle ed al traino, pallacanestro (pardon, credo ora si dica basket), pallavolo, pallamano e pallaalpiede….non si scampa. E guai se il sabato o domenica non si è convocati, non si partecipa a qualche gara, non si porta a casa qualche medaglia. Meglio chiudersi in casa e fare finta che di essere partiti per un torneo.
Tranne che…..
La festa di Ognissanti, come ogni anno, apre un dilemma, non tanto per gli adulti, almeno quelli consapevoli che diventare Santi è un pò meglio che stregoni, ma per quelle creature nell’età di passaggio (e dalla mente che cerca di essere in sintonia con i coetanei) combattuti dalle cento e uno tentazioni, che vanno dai semplici dolcetti a forma di zucca anche straordinariamente buoni, ai più ambiti mascheramenti, per poi convogliare nei veglioni (così il consumismo ci ha regalato un altro veglione a cui pensare, oltre quello di Capodanno!).
“L’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande, lo sai che non mi va”
Era il 1985 ed io, come tanti, cantavo il tormentone dell’estate alimentando l’indice di ascolto dei Righeira a scapito del mio quoziente intellettivo.
Ogni ottobre, però, anche senza questo ritornello, si chiude l’estate e si riapre, inevitabilmente, la stagione dell’impegno, qualunque esso sia, per grandi e piccini, desiderosi o meno di crescere.
Casa Marino non fa eccezione e così, dopo esserci talmente riposati dal desiderare ardentemente di ricominciare tutte le attività (sì, proprio tutte, anche il dentista….purchè ci separino per qualche ora gli uni dagli altri!) giunti, come ogni anno, al momento più doloroso, ovvero lo stop del sonno selvaggio, ci rassegniamo all’inizio di un nuovo anno scolastico/lavorativo, alla dura ripresa di attività varie e sappiamo bene che, malgrado quest’anno vorremmo che cominciasse nel migliore dei modi, poi comincerà sempre nello stesso modo, ovvero….. un incubo!
Gennaio 1973. Guglielmo Giaquinta firmava un brevissimo opuscolo titolato "Fraternità". In poche pagine, le parole semplici, profetiche e rivoluzionarie del Fondatore traducevano l'ideale in atteggiamenti quotidiani, gesti concreti, situazioni reali.
I pensieri e i suggerimenti qui esposti vanno attentamente meditati, ma soprattutto vissuti.
Questo è il mandato che le famiglie Pro Sanctitate riunite sul Monte Amiata dal 19 al 23 Luglio, hanno accolto in questo tempo di fraternità.
Chi va piano...
Se chiudo gli occhi, pensando a questo proverbio, sento ancora l’odore delle fritturine di Nonna Rita della Vigilia di Natale, per le quali iniziava l’opera in cucina la mattina all’alba, oppure l’essenza delicata dell’acqua di rose di Nonna Elena che rendeva il suo profumo unico e leggero per un’ intera giornata. Da ultimo, ma solo per ordine di ricordo, non può mancare anche il mix di spezie con cui nonna Gigia cucinava il coniglio tenendolo sulla stufa a legna per almeno 12 ore (eh sì, perchè io sono stata fortunata e di nonne ne ho avute ben tre!).
La conclusione dell’anno scolastico rappresenta per tutte le famiglie un momento delicato che apre ai più vari e macabri scenari.
Per molti si tratta di capire come sopravvivere ai tre mesi estivi dribblando le varie opzioni, ovvero: la donazione ai centri estivi, la rottura del porcellino il cui ricavato è da destinare ai professori delle ripetizioni (per chi ha i figli che rientrano nella categoria “ha le capacità ma non si è impegnato abbastanza…”), la scelta del luogo di villeggiatura che sia compatibile con le esigenze di tutti, etc etc.
E così, mentre rinfreschiamo i costumi e spolveriamo gli scarponcini da trekking, ci rendiamo conto che, anche quest’anno, i mesi estivi da trascorrere insieme difficilmente faranno di noi i componenti sereni e sorridenti della famiglia del Mulino Bianco.
D’altronde, che fosse davvero troppo utopistico mirare a quella famiglia un pò' lo sapevamo già, come pure che sia un sogno ormai irrealizzabile visto che il Mulino non è nemmeno più in vendita/locazione: se l’è aggiudicato Antonio Banderas!
L’occasione del cambio di stagione mi offre, anche quest’anno, una serie di opportunità: saltare il pranzo per finire entro notte, slogarmi una caviglia durante le acrobazie sulla scala, ma anche, voltandola in positivo, la valutazione di quanto davvero tutto quello che possediamo nella nostra famiglia sia davvero tutto quello di cui abbiamo bisogno, oppure un migliaio di cosette in più?
Certo, non posso fare un atto di forza e decidere per tutti e quattro perché la famiglia si compone di persone, con una testa, un cuore ed… un guardaroba!
E’ ufficiale: sono una madre antica! No, all’antica e nemmeno, purtroppo, vintage come piacerebbe a me, proprio antica antica. E dire che mi ero appena abituata ad essere la mamma più brutta e cattiva che non sono davvero preparata a questo cambiamento repentino….
Ma la vita, si sa, non ti prepara ai cambiamenti: la vita è il cambiamento!
Che poi l’antichità dovrebbe misurarsi con un dato anagrafico o, quantomeno matematico, mentre invece, in famiglia, ecco qua che viene scoperchiato un altro dogma: puoi essere antico a qualsiasi età, purché qualcuno lo decida.
Tanti anni fa, diciamo in quell’età compresa fra i primi compiti in classe ed i primi concerti (mitico Claudio Baglioni allo Stadio Flaminio nel 1985!!), aspettavo trepidante la domenica….anche se non sempre - e non proprio - perché lo sentissi solo come il giorno del Signore.
Per noi, infatti, la domenica era il giorno della famiglia: papà stava a casa tutto il giorno, nonno Nando ci portava a mangiare al ristorante (altri tempi, non c’erano ancora né i ristoranti cinesi né giapponesi; al ristorante si ordinavano cannelloni e lasagne!) e, se proprio si doveva stare a casa, scattava il pastarella party, dove non ricordo il numero, ma so che le pastarelle erano sempre molto, ma molto di più, di quante ciascuno di noi potesse solo pensare di riuscire a mangiare!
Uno dei film più belli che adoro rivedere, ed ogni volta mi piace sempre di più, è legato ad un ritornello simpatico che si apre con basta un poco di zucchero….
A parte le calorie, che ormai, a questo punto della mia vita, sono diventate parenti acquisite, pensando a ritroso alla mia “idea” di vita familiare ed alla vita vera che sperimento tutti i giorni, mi domando quanto sia stato importante addolcire le spigolosità e, sopratutto, a quale zuccherificio speciale io abbia avuto la grazia di poter attingere.
Da sola, infatti, come avrei mai potuto arrivare fin qui? Certo, io non sono proprio un angioletto, e questo il Signore lo sa bene, visto che per la mia espiazione mi ha piazzato sulla strada Luca ed, a seguire, le nostre due campionesse di contraddizioni.Chissà, poi, perché Lui ha deciso per due? Cioè, Lo ringrazio perché me le ha donate e, conoscendole, solo a me le poteva regalare due tipe così, perché quando andremo tutti insieme alla Neuro almeno ci faranno lo sconto famiglia!
Ci sono mattine che iniziano male. Per me, il peggio del peggio, è quando non trovo la tazza con il cappuccino già pronta e, soprattutto, la mia dose di “fieste” (ma al plurale rimane fiesta o prende la e? mah….) quotidiana con cui addolcirmi un nuovo giorno….che poi una confezione da 10 è davvero poco per una famiglia! Voglio dire bastano appena appena per me…
E così, tanto per iniziare bene, mi accorgo che c’è qualcosa di cui non ho tenuto conto nel mio desiderio di cioccolata e rhum, ovvero che le mie figlie mi guardano….eccome se mi guardano! E nel vedermi mi prendono pure ad esempio!
Passato il Natale, digerito il cotechino di Capodanno, recuperato un minimo - ma proprio un minimo- di sonno, eccoci catapultati nell’anno nuovo.
Si apre così uno scenario di propositi nuovi o rinnovati, di progetti da riprendere nel cassetto insieme ai compiti delle vacanze da concludere in una settimana (e lì parte la prima richiesta di miracolo in famiglia dell’anno…) e alla casa da riordinare prima che crolli sotto il peso degli accumuli…
Ma, l’inizio dell’anno, almeno per una famiglia semi normale come la nostra, non è solo questo.
Inutile negarlo e girarci troppo intorno: il Natale è una festa che aspettiamo tutti! La aspettano i bambini (mia figlia Chiara inizia da settembre a chiedermi di fare gli addobbi, mentre io sto ancora cercando di capire dove allocare i costumi nel’armadio presa dalla forte tentazione di indossarli sotto i maglioni….per recuperare spazio!); la aspettano i lavoratori (almeno quelli che a Natale si fermano, perchè - purtroppo - la macchina del consumismo è arrivata ad azzerare anche i giorni di festa); la aspettano i nonni, pronti a raccontare storie fantastiche ed a tirare fuori dai borsellini le monetine da 5 cent per la tombolata (mia nonna era eccezionale…a Natale tirava fuori tonnellate di spiccioletti); la aspettano i sacerdoti, con la speranza che le persone possano sentire la venuta del Messia; la aspettano - e la temono - coloro che hanno avuto una perdita grave, perchè sanno quanto sarà dura vivere una festa senza una persona cara vicino....
Ebbene lo confesso….fino a poco tempo fa non avrei mai aspirato a diventare Santa (mi bastava arrivare viva a fine giornata), o almeno ero talmente sicura di esserne indegna, che anche il solo pensiero sembrava un atto di superbia, tuttavia mi sono spesso domandata perchè allora il Buon Dio abbia messo sulla mia strada proprio mio marito…insomma, evidentemente, Lui su di me aveva scommesso alla grande!
In questo senso conoscere il pensiero, o meglio il sogno straordinario di Monsignor Giaquinta, mi ha colpito (ed affondato!) in pieno.
Da genitore credo di poter testimoniare che il posto più difficile dove rimanere ancorato e seminare speranza talvolta sia proprio la famiglia…almeno la mia!
Mi rieccheggiano ancora le prime parole che Giulia, 4 anni, disse quando le presentai con entusiasmo e tanti buoni propositi la micro sorella Chiara: “io, veramente, preferivo un cane!”
Premesso che il cane, anzi i cani, (perché a casa nostra o ci facciamo male davvero oppure niente), sono comunque arrivati, certo forse qualche anno dopo la sua richiesta, ma sono arrivati….
Spesso, soprattutto ultimamente lo confesso, mi sono fermata a riflettere sul valore che diamo ai Sacramenti, se davvero ci rendiamo conto del dono immenso che rappresentano per noi e se, soprattutto, riusciamo a trasmettere ai nostri figli, nei fatti più che nelle parole, cosa possono significare per loro, che incredibile risorsa infinita siano per la loro vita, per la loro gioia reale, terrena e, speriamo, soprattutto eterna!
Il Signore, allora, ci mette del Suo e prova continuamente a seminare nel mio cuore la speranza, da cui nasce la consapevolezza che, anche se i miei occhi sono spesso offuscati, la Luce, quando voglio vederla, mi acceca ed annulla ogni tenebra che possa aver albergato dentro il mio animo inquieto.
Le nostre giornate trascorrono frenetiche, impegnative e veloci come quelle di tante famiglie.
La domenica è il nostro unico giorno libero dal lavoro e, quando è possibile, ci regaliamo uno spazio di distensione che ci allontana dal tran tran quotidiano. Un viaggio nella natura, più o meno impegnativo, ci aiuta a recuperare energia fisica e mentale e a ritagliare il tempo per un dialogo meno disturbato, o per un silenzio ristoratore.
Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana, che ha formato Lui stesso. L’ha formata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero Romano. Non a Roma, che era la capitale dell’Impero, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata.
Cristo ha introdotto come segno distintivo dei suoi discepoli soprattutto la legge dell’amore e del dono di sé agli altri (cfr Mt22,39; Gv 13,34), e l’ha fatto attraverso un principio che un padre e una madre sono soliti testimoniare nella propria esistenza: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Frutto dell’amore sono anche la misericordia e il perdono. In questa linea, è molto emblematica la scena che mostra un’adultera sulla spianata del tempio di Gerusalemme, circondata dai suoi accusatori, e poi sola con Gesù che non la condanna e la invita ad una vita più dignitosa (cfr Gv8,1-11).
A un mese di distanza dalla presentazione dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, abbiamo intervistato Daniela e Marco Nevi, sposati da 24 anni. Daniela e Marco hanno due figli (Edoardo e Lorenzo), rispettivamente di 20 e 15 anni; sono membri dell'équipe diocesana di Pastorale Vocazionale e dell’équipe di Pastorale Familiare della diocesi di Viterbo; collaborano con il consultorio familiare e sono impegnati nella catechesi in preparazione al Battesimo e Cresima.
Hanno accettato di parlarci della loro esperienza familiare alla luce dell’Esortazione apostolica.
Sono da poco passate la 12 del 31 marzo quando la sala stampa vaticana batte la notizia.
Amoris Laetitia: questo sarà il titolo dell'attesissima esortazione apostolica che Papa Francesco donerà al mondo come frutto delle due sessioni sinodali sul tema della famiglia, svoltesi nel 2014 e nel 2015.
Pare che il testo porti la data del 19 marzo, Festa di San Giuseppe, ma sarà diffuso solo il prossimo 8 aprile alle ore 12, dopo la conferenza stampa di presentazione. Sino ad allora il documento è sotto embargo assoluto, recita il comunicato ufficiale.
Riportiamo un estratto delle parole rivolte da Papa Francesco alle famiglie incontrate nel corso del suo viaggio in Messico, sono una carezza paterna offerta a tutte le famiglie mondo.
Credo che questo sia ciò che lo Spirito Santo vuole sempre fare in mezzo a noi: dare coraggio, regalarci motivi per continuare a scommettere sulla famiglia, a sognare e costruire una vita che sappia di casa e di famiglia.
Come si può insegnare la misericordia ai bambini?
Abituandoli ai racconti del Vangelo, alle parabole. Dialogando con loro e, soprattutto, facendo loro sperimentare la misericordia.
In questi giorni di fermento e contrapposizioni sull’iter parlamentare del disegno di legge sulle Unioni Civili (DDL Cirinnà), il Movimento Pro Sanctitate si è confrontato sull'argomento in sede di Consiglio Nazionale, unitamente alla Presidenza Internazionale.
La dimensione affettiva dell’uomo, la sua natura, il desiderio di maternità e paternità sono dimensioni profonde che non ammettono superficialità quando se ne discute ed esigono, nell’essere trattate, rispetto, delicatezza e assoluta chiarezza.
La vita della famiglia è un insieme di piccoli e grandi pellegrinaggi.
Come è importante per le nostre famiglie camminare insieme e avere una stessa meta da raggiungere! Sappiamo che abbiamo un percorso comune da compiere; una strada dove incontriamo difficoltà ma anche momenti di gioia e di consolazione.
La vicinanza del Natale accende su questo mistero una grande luce. L’incarnazione del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia universale dell’uomo e della donna. E questo nuovo inizio accade in seno ad una famiglia, a Nazaret.
Gesù nacque in una famiglia. Lui poteva venire spettacolarmente, o come un guerriero, un imperatore… No, no: viene come un figlio di famiglia, in una famiglia. Questo è importante: guardare nel presepio questa scena tanto bella.
Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana, che ha formato Lui stesso. L’ha formata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero Romano. Non a Roma, che era la capitale dell’Impero, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata.
Vieni Spirito Santo
illuminaci con la tua presenza
e donaci nel cammino verso la santità
di avere come compagni di viaggio
Maria e Giuseppe.
Insegnaci il silenzio di Giuseppe,
la sua attesa di comprendere il progetto di Dio,
il discernimento e la sua maturità nella fede.
Donaci come Lui di accogliere il mistero
e di farne tesoro,
la docilità a cambiare i piani personale
e a mettere al primo posto
il Figlio, la Madre, e il bene per l’umanità.
Il nesso, nel binomio santità-famiglia, si presenta con una singolarità evidente: entrambi i termini sfuggono alla mera classificazione di concetti ma rispondono alla categoria della realtà. Entrambi riguardano non l’idea e non prettamente e soltanto la teologia o l’antropologia, bensì la vita. Il passaggio dal concetto all’esperienza è fondativo di entrambi, entrambi si nutrono di carità, si fondano su una casa non di mattoni ma di pietre vive e di fedeltà, ad entrambi non si accede senza umiltà, coraggio, obbedienza e amore. Per entrambi vale una prospettiva di “fiducia”.
Si apre oggi l’ultima settimana dei lavori del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. In questi primi 15 giorni di assise gli ingranaggi mass-mediatici hanno girato senza tregua, alternando dichiarazioni e smentite, fughe di notizie e precisazioni, interviste e dichiarazioni e ci hanno restituito un racconto forse un po’ parziale di un evento che è molto più di un dibattito o di un confronto fra diverse posizioni.
Siamo più preoccupati di piantare fiori, che di togliere erbacce.
Siamo più preoccupati di gareggiare nello stimarci a vicenda, che di sottolineare le differenze fra noi.
Siamo preoccupati di far vedere la bellezza della famiglia, dicendo che il legame matrimoniale è una cosa seria e che lo è per tutti, non solo per i credenti.
Siamo preoccupati di curare in ogni modo l’arricchimento reciproco dell’uomo e della donna.
Il Vangelo di questa Domenica ci ha raccontato la guarigione del sordomuto. In questo uomo si trova ritratta anche la malattia che non di rado colpisce le nostre famiglie.
La sordità, che ci rende estranei ai bisogni, ai sentimenti e alle esigenze dell’altro, spesso è generata dalle mille incombenze che travolgono le nostre giornate, talvolta è acuita da inquietudini e paure che ingombrano i nostri pensieri, altre volte aggravata da distanze via via più marcate nel tempo che ci chiudono nei nostri egoismi e ci allontanano a tal punto da chi ci sta accanto, da renderci sordi anche a chi chiama gridando la nostra considerazione.
Uno degli elementi che più dovrebbe caratterizzare l’ambiente della famiglia è la gioia. Gioia di mamma che vezzeggia il suo bimbo; gioia di fratelli che giocano nella casa.
La gioia è realtà vitale che il nostro mondo di oggi ha perduto attraverso la tragedia della guerra, l’incubo della violenza, la paura di un domani incerto, l’ingiustizia dilagante, la pesantezza di un lavoro che non è più piacere e soddisfazione, ma schiacciamento fisico o psicologico e, come conseguenza, oggetto di contestazione, di rifiuto, di evasione.
II mondo è senza gioia, pur avendone un bisogno essenziale. Non sono gli ambienti destinati a spettacoli che fabbricano il riso e il piacere artificiali quelli che possono dare la gioia.
La spiritualità familiare e fraterna deve preoccuparsi che la casa sia un luogo di serenità, di distensione e di gioia. Si potrebbe fare notare che questa è anche una esigenza psicologica per l’attuazione della vita spirituale. Come si può infatti accettare e vivere una dottrina così esigente come quella cristiana quando il nostro animo sia triste, depresso, sconfortato?
Solo ad una donna fu concesso un giorno:
di pronunciare il "fiat" della redenzione,
adorare, felice, suo figlio nella povera grotta,
dargli il suo latte, a lui, Verbo di Dio,
gustare la gioia di vederlo crescere,
seguirlo nella vita sino alla croce,
deporlo ucciso dentro il freddo della tomba,
abbracciarlo di nuovo, Cristo risorto.
Solo a una donna
perché solo un amore sconfinato,
quello dì una donna,
poteva fondersi
con l’infinito amore di Dio.
Guglielmo Giaquinta
Il cammino verso il Sinodo 2015
"..abbiamo un problema molto serio che è quello della colonizzazione ideologica sulla famiglia. Questa colonizzazione ideologica distrugge la famiglia. Per questo credo che dal sinodo usciranno cose molto chiare, molto rapide, che aiuteranno in questa crisi familiare che è totale”.
Papa Francesco,
Intervista televisiva del 6 marzo 2015
Il vangelo sulla famiglia è la buona novella dell’amore divino che va proclamata a quanti vivono questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli, che è la comunità familiare. Il magistero della Chiesa sul matrimonio va presentato e offerto in modo comunicativo ed efficace, perché raggiunga i cuori e li trasformi secondo la volontà di Dio manifestata in Cristo Gesù.
Pontificium Consilium Pro Famili
LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE
Il 3 ottobre a Roma la Veglia di preghiera con papa Francesco
Spiace per la descrizione della famiglia che viene fuori da giornali film libri: o un luogo tristissimo, di oppressione, scappando dal quale si può finalmente vivere chissà quale splendore, oppure al contrario il luogo dei valori, parola che a me personalmente fa venire voglia di grattarmi sulle cuciture dei vestiti, assalita da una terribile insofferenza a tutto quello che dovresti fare per qualche motivo diverso dal fatto che il tuo cuore, l'intelligenza, e la volontà lo hanno giudicato grande e degno e anche molto divertente.
Sì, perché secondo me la famiglia è soprattutto un posto divertente, e molto ragionevole. È normale per l'uomo fare una famiglia. È l'unico posto che funziona davvero, ed è l'unico sistema in cui, a differenza che nel resto delle situazioni, si fa il tifo perché vinca l'altro, dato che non è un gioco a somma zero – io vinco se tu perdi – ma è un gioco in cui il risultato è uguale per tutti, insieme.
Costanza Miriano, Obbedire è meglio. Le regole dalla compagnia dell’agnello
Il matrimonio costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare «un’unica carne» nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. E non è un caso. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico.
Attraverso l’amore, l’uomo e la donna sperimentano in modo nuovo, l’uno grazie all’altro, la grandezza e la bellezza della vita e del reale. Se ciò che sperimento non è una semplice illusione, se davvero voglio il bene dell’altro come via anche al mio bene, allora devo essere disposto a de-centrarmi, a mettermi al suo servizio, fino alla rinuncia a me stesso. La risposta alla questione sul senso dell’esperienza dell’amore passa quindi attraverso la purificazione e la guarigione del volere, richiesta dal bene stesso che si vuole all’altro. Ci si deve esercitare, allenare, anche correggere, perché quel bene possa veramente essere voluto.
L’estasi iniziale si traduce così in pellegrinaggio, «esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Enc. Deus caritas est, 6)
Benedetto XVI, UDIENZA GENERALE, 07.11.2012
Potrebbe sembrare strano, parlando della famiglia, usare il termine fraternità. È evidente che esso non potrà sostituire il rapporto generativo esistente tra genitori e figli: i figli mai potranno essere fratelli dei genitori e viceversa. Eppure noi siamo abituati ad affermare che tutti gli uomini sono fratelli, pur sapendo che essi hanno tra loro rapporti generativi che li differenziano. Quando, infatti, si passi dal fatto biologico-generativo a quello più profondo della realtà umana nelle sue componenti essenziali, si vede che tutti gli uomini sono uguali e hanno le identiche esigenze interiori.
La storia di Enrico e di Chiara è la storia di un matrimonio, perché questa è stata la via per la quale il Signore ha realizzato la santità di Chiara, non ci poteva essere Chiara senza Enrico e non ci può essere Enrico senza Chiara.
Il testo di S. Paolo nella Lettera agli Efesini (5, 2528) è di una chiarezza assoluta: Voi mariti amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.
Non ci sono in questo testo delle semplici indicazioni circa il tipo di amore reciproco, ma c’è il richiamo ad un motivo molto più ampio: l’uomo deve sentire la responsabilità di essere Cristo.
Mettendo da parte i termini sociali, oggi indubbiamente assai diversi, resta sul piano della spiritualità l’invito all’uomo a sentire la propria funzione di essere Cristo nel senso immolativo della parola. Cristo ha donato se stesso per la Chiesa, perché questa fosse santa e immacolata, l’uomo deve immolare se stesso e non porsi in un rapporto egoistico, possessivo, di dominio. Egli deve immolare se stesso perché la propria sposa possa raggiungere lo splendore, la immacolatezza di cui si parla a proposito della Chiesa. L’uomo è in qualche modo simbolo di Cristo e la donna simbolo della Chiesa. Dall’unione della donna con l’uomo nascono i figli; dall’unione di Cristo con la Chiesa, sua Sposa, nasce il popolo di Dio. É una simbologia non semplicemente apparente ma profonda: i figli che nascono dalla Chiesa e da Cristo sono gli stessi che nascono dalla donna e dall’uomo santificati da una simile spiritualità. Quindi, giova ripeterlo, non semplicemente un simbolo, ma una unione profonda per cui quello che è un rapporto naturale diventa un rapporto spirituale che trova la sua completezza nella realtà ecclesiale.
Guglielmo Giaquinta
Il matrimonio è più del vostro amore reciproco. Ha maggiore dignità e maggiore potere. Finché siete solo voi ad amarvi, il vostro sguardo si limita nel riquadro isolato della vostra coppia. Entrando nel matrimonio, siete invece un anello della catena di generazioni che Dio fa andare e venire e chiama al suo regno.
Nel vostro sentimento godete solo il cielo privato della vostra felicità. Nel matrimonio, invece, venite collocati attivamente nel mondo, e ne diventate responsabili.
Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli. Il matrimonio, invece, è un'investitura, un ufficio.
Per fare un re non basta che lui ne abbia voglia, occorre che gli riconoscano l'incarico di regnare. Così non è la voglia di amarvi che vi stabilisce come strumento della vita. E' il Matrimonio che ve ne rende atti. Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio: è il matrimonio che, d'ora in poi, porta sulle spalle il vostro amore.
Spiace per la descrizione della famiglia che viene fuori da giornali film libri: o un luogo tristissimo, di oppressione, scappando dal quale si può finalmente vivere chissà quale splendore, oppure al contrario il luogo dei valori, parola che a me personalmente fa venire voglia di grattarmi sulle cuciture dei vestiti, assalita da una terribile insofferenza a tutto quello che dovresti fare per qualche motivo diverso dal fatto che il tuo cuore, l'intelligenza, e la volontà lo hanno giudicato grande e degno e anche molto divertente.
Sì, perché secondo me la famiglia è soprattutto un posto divertente, e molto ragionevole. È normale per l'uomo fare una famiglia. È l'unico posto che funziona davvero, ed è l'unico sistema in cui, a differenza che nel resto delle situazioni, si fa il tifo perché vinca l'altro, dato che non è un gioco a somma zero – io vinco se tu perdi – ma è un gioco in cui il risultato è uguale per tutti, insieme.
Costanza Miriano, Obbedire è meglio. Le regole dalla compagnia dell’agnello
La manifestazione del 20 giugno è passata. Qualche utile riflessione per il dopo:
Non è stato, e non voleva essere un “family day”; è fin troppo evidente che la Gerarchia ecclesiastica, e tanto più il mondo politico, sono del tutto estranei alla preparazione e alla organizzazione dell’evento. È stata un successo: la cifra del milione sparata dal palco sarà probabilmente da ridimensionare, secondo la Questura eravamo 400.000: un bel numero comunque, e poi, soprattutto, se eravamo in tre, ci andavamo in tre.
Non è stata una manifestazione confessionale, ma una manifestazione politica, nel senso pieno della parola: aveva per oggetto il contrasto a tre disegni di legge. Se (almeno) quattrocentomila persone si muovono per dire la loro su una legge, fanno politica, anche in assenza di sigle di partito.
È stata un successo, ma come cittadini sarà bene mantenersi freddi e vigili: la strada è tuttora in salita, l’opera di disinformazione è massiccia e implacabile, il mondo politico, per dirla tutta, ha altro da pensare.
Non lasciare la tua donna sola; essa vive per te. Il sacramento dell’amore le ha presentato in te la trasparenza di Cristo e le ha indicato, quale modello per la sua fedeltà, quella della Chiesa.
I figli sono tuoi, la continuazione di te stesso, la tua speranza, il tuo certo domani. Non deluderli oggi, se non vuoi che anche essi, poi ti deludano.
La casa, non prigione, non claustro sopportato, amala come centro dei tuoi interessi ed evasione da quanto vuole bruciare i valori più autentici della tua anima. Nella tua casa ridi, soffri, ama, giacché Dio vuole vedervi riflesso l’amore della divina Trinità.
Affermare che noi siamo veramente liberi deve oggi considerarsi come una battuta spiritosa. Gli slogans, gli annunci pubblicitari, i martellamenti radio-televisivi, la violenza delle manifestazioni, prima ci stordiscono e poi ci convincono. Andare contro tali convinzioni "indotte" significa negare l’evidenza solare.
In questa situazione si trova chiunque oggi volesse fare una qualche obiezione, sia pur minima, circa il lavoro della donna. Trattando tale problema non si può infatti ignorare l’attuale esigenza che ormai la donna ha del lavoro. Il lavoro extra familiare è divenuto, per la donna, un diritto e una conquista. Significa, infatti, aiuto alle esigenze economiche della casa, autosufficienza, indipendenza, attuazione piena della propria personalità...
Voler spendere una parola contro tale definitiva conquista significherebbe essere tacciati di antifemminismo e schiavismo femminile.
E' necessario abituarsi all'idea del definitivo. Questo concetto tende a scomparire, anzi già quasi non esiste più, per cui si è portati ad accettare come normale il non definitivo. Tale è visto il matrimonio, tale la consacrazione. Non si parla più di scelte definitive, ma di esperienze cui si sa di poter poi dare una alternativa.
Guglielmo Giaquinta
Quasi tutto ciò che una volta il matrimonio univa è stato separato come risultato della rivoluzione sessuale. Consideriamo qualcuna delle conseguenze.
Rickard Newman
I 5 modi in cui la rivoluzione sessuale ci ha fatto “divorziare” l'uno dall'altro
A settembre, fino a due milioni di persone sono attesi a Philadelphia per celebrare la tradizionale riunione delle famiglie con papa Francesco in occasione dell'Incontro Mondiale delle Famiglie. Appena un paio di mesi prima di quell'evento, la Corte Suprema potrebbe stabilire che il “matrimonio omosessuale” sia un diritto costituzionale.
Antologia del magistero di San Giovanni Paolo II sulla famiglia, a dieci anni dalla sua morte.
Lorenzo Bertocchi
02/04/2015
Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. ...
In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene.
papa Francesco
dall'omelia nella Santa Messa e canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II
II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia), 27 aprile 2014
La Chiesa, come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore.
PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE
25 marzo 2015
Il sacramento del matrimonio, segno e sostanza dell’intimità tra gli sposi e di questi con Dio, rende sacra la relazione umana aprendola alla dimensione soprannaturale. Vivere fino in fondo la risposta a questa vocazione d’amore è vivere l’anelito alla santità.
1. Dio ci crea in relazione
2. Essere intimità
3. Scegliere di amare, rimanere nell’alleanza
4. Santità come intimità con Dio
5. La spiritualità del matrimonio cristiano, segno visibile dell’ Amore.
6. L’amore generativo, una comunità di intimi
7. La Chiesa Sposa, comunità di intimi con l’Intimità
G. e P. Assenza