Viviamo in un mondo in cui ci vogliono convincere che ogni cosa deve stare al suo posto, nel proprio compartimento stagno. Ci dicono che la vita non c’entra con le difficoltà del dolore, che la politica non ha nulla a che fare con un comportamento morale coerente. Ci vogliono convincere che l’amore non ha nulla a che fare con il “per sempre”, né la felicità con il dono di sé.
Infine e soprattutto, la fede nulla ha a che fare con la vita professionale e pubblica. Noi, con Aggancio, c’imbarchiamo in una navigazione controcorrente che – addirittura – ci fa “narrare Dio con la professionalità”: follia e scandalo (cfr.1Cor 1, 23).
Più che narrare Dio con il lavoro, il sottile filo rosso che tiene uniti tutti i contributi di questo numero è piuttosto il narrare Dio con la propria vocazione nel mondo; chiamati a risplendervi come insegnanti radiosi, commesse gioiose, ragionieri onesti, infermieri compassionevoli, politici concreti, camerieri brillanti, studenti impegnati e cardinali al servizio della Chiesa.
Proviamo ad immaginare che tutti smettessimo di lavorare o che almeno venissero a cadere le motivazioni che ci spingono a lavorare bene; insomma immaginiamo un mondo in cui: il postino cestina la posta, il giornalista scrive solo bugie, il medico dimentica il giuramento d’Ippocrate a difesa della vita e la parrucchiera pettina solo i belli. Rabbrividiamo dinanzi al realismo di questa nera ipotesi, e ci accorgiamo di quanto, invece, direttamente o indirettamente, con discrezione o magari nel silenzio, la santità faccia del bene ai nostri ambienti di lavoro, quanto li renda più umani.
Si tratta di rispondere alle molte chiamate di Dio, che ci chiama a custodire il creato (Gn 2, 15), a sviluppare le nostre capacità (Mt 25, 20), insomma a santificare il mondo (Mt 5, 13-14.16). Ma come nasce in noi Editoriale questa vocazione a narrare Dio? Ci viene in aiuto il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta: “Lo Spirito Santo non si contenta di darci in un modo radicale, iniziale, la virtù, l’abito operativo, ma poi lo sviluppa, in modo tale che in noi diventa veramente una abitudine, per cui noi con prontezza, con facilità e con una certa dolcezza possiamo poi compiere gli atti di virtù” (Lo Spirito Santo, inedito).
Ed ecco, ho visto artigiani con occhi colmi di benefico orgoglio consegnare il lavoro delle proprie mani, ho visto bancari dal sorriso compiaciuto consegnare l’assegno di un prestito ad un preoccupato cassintegrato, ho visto le mani abili di un idraulico che stringevano quelle dei ragazzini di una casa-famiglia, ho visto il panettiere regalare una focaccia al mendicante davanti alla chiesa. Questo mi basta per dire che Dio viene al lavoro con me. “Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15, 10).
D’altronde, tutta la storia dell’umanità è costellata d’illustri esempi di testimoni del Vangelo che hanno portato Cristo nel proprio ufficio o studio o aula e di cui oggi ricordiamo non solo il carattere mite, benefico e pio, ma anche il pensiero, le opere o le scoperte di cui ancora l’umanità beneficia.
Narrare Dio con la professione: spezzare la Parola nella vita quotidiana, ampliare i confini dei gesti, spesso compiuti meccanicamente, regalare un giorno sereno ai colleghi, offrire un servizio che ha il gusto del Vangelo e pregare per ciò che non si riesce ancora a cambiare: è forse il modo più autentico di celebrare, con il Movimento Pro Sanctitate, il centenario – che nel mese di giugno raggiunge il suo apice – della nascita del suo fondatore, il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, dal cui cuore è nato il sogno di un mondo diverso, l’utopia dei santi realizzabile solo attraverso uomini e donne che vogliano essere i rivoluzionari dell’Amore.
Quest’evento è, dunque, l’occasione per dire grazie a Dio per il dono di questo vescovo, testimone e padre per la Chiesa universale, ed un richiamo a riscoprire, anche attraverso la sua figura, la nostra chiamata alla santità non solo personale ma comunitaria che, a cerchi concentrici, può diventare sociale.
In quest’anno speciale ringraziamo voi, cari lettori di Aggancio, che sostenete e condividete con noi questa missione, aiutandoci a tenere così sempre vivo, giovane e nuovo il messaggio che il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta ha predicato e incarnato in tutta la sua vita, cogliendolo direttamente dal cuore di Cristo e consegnandolo nelle mani di ciascuno di noi a servizio della Chiesa e del mondo.
Stefania Castelli
fonte Aggancio