Tra gli avvenimenti di questo primo scorcio del 2015 ce n’è uno che sembra aver scarsamente attirato i media e, quindi, l’opinione pubblica. Faccio riferimento all’ “Anno Internazionale della Luce”, indetto dall’UNESCO1 proprio nel 2015, la cui cerimonia di apertura si è tenuta il 19 e 20 gennaio a Parigi presso la sede centrale dell’Organizzazione.
Eppure ci si sarebbe potuti aspettare miglior sorte, se non altro per il tema: la LUCE.
In quanto essere umani viviamo una vita organica basata sulla luce. Si pensi al nostro orologio biologico che è quasi sempre allineato con il ciclo illuminazione/buio del giorno. Ma consideriamo anche i benefici che derivano al nostro organismo dall’esposizione alla luce: qualcuno, magari di una certa età, ricorda di essere stato portato dai propri genitori al mare molto presto perché la luce delle prime ore del giorno favorisce la crescita del sistema osseo? O come dimenticare quanto ci è stato insegnato a scuola in merito alla fotosintesi clorofilliana, cioè alla produzione di ossigeno da parte delle piante durante la parte diurna del giorno.
Ma la luce ci consente anche di poter utilizzare uno dei nostri sensi basilari: la vista. Possiamo vedere un oggetto se è illuminato dalla luce, naturale o artificiale. Possiamo leggere un libro di carta o un e-book solo se l’ambiente in cui ci troviamo ha un adeguato livello di luminosità. Invece possiamo vedere anche al buio le immagini provenienti da una televisione o da un qualsiasi telefono cellulare perché è questo ad emettere luce.
La luce del sole ha poi costituito per centinaia di anni un rompicapo per i fisici, prima, per comprenderne la vera natura e, poi, per decidere quale fosse la sua miglior rappresentazione: se come onda o come particella. E la luce delle stelle ci dice molto della storia del nostro universo (quella proveniente dagli astri più lontani ci da notizie sull’universo primitivo e ci consente anche di valutare le crescenti dimensioni dell’universo – le galassie continuano ad allontanarsi e non si sa quando tale fenomeno avrà termine) o della composizione dello stesso universo (le variazioni della luce proveniente da una stella ci consentono di stimare la presenza di un pianeta, i suoi tempo di rivoluzione, la sua grandezza, perfino la presenza di un satellite di quel pianeta).
E le misurazioni sulla luce proveniente da altre stelle hanno consentito di verificare uno degli aspetti della teorie più affascinante che forse mente umana abbia mai concepito: la teoria generale della relatività di Einstein. Si fa qui riferimento alla curvatura del reticolo spazio-tempo per effetto della presenza di un corpo massivo, quale può essere una stella (e quindi anche il nostro Sole) o, con un effetto ancora più evidente, un buco nero. Si viene a costituire la cosiddetta “lente gravitazionale”, quel fenomeno caratterizzato dalla deflessione della luce (ma anche degli altri tipi di radiazioni) proveniente da una sorgente a causa della presenza di una massa posta tra la sorgente stessa e l’osservatore. Per effetto di tale “lente”, che agisce a volte come una vera e propria lente d’ingrandimento, abbiamo la possibilità di vedere fenomeni o di osservare corpi celesti che sarebbero altrimenti non percepibili per la debolezza di quanto da noi osservabile.
Tornando al nostro Sole, la sua luce è anche fonte di energia che da relativamente poco tempo abbiamo imparato a sfruttare adeguatamente.
E molte applicazioni innovative della luce sono dietro l’angolo o non tarderanno a lungo a far parte stabile della nostra vita. Se i laser hanno trovato già da qualche tempo largo impiego in campo industriale, nelle telecomunicazione, nei sistemi di misura, in campo medico, nei nostri lettori di CD e di DVD; se i Led sono entrati a pieno titolo nelle nostre case o trovano impego nelle automobili per rimpiazzare le vecchie ed energeticamente onerose lampadine ad incandescenza; se le fibre ottiche hanno già velocizzato a dismisura le comunicazioni e l’accesso ad internet, ancora maggiori benefici potremo aspettarci dalla realizzazione di computer, tablet e smartphone basati sui cosiddetti “processori quantistici” o dall’uso di particolari caratteristiche della luce per effettuare comunicazioni sicure a prova di hacker o di intruso.
Di fronte a questo panorama di fenomeni e di scoperte, quale è la nostra posizione? Nutriamo, forse, un’indifferenza strutturale? O ci poniamo come meri utilizzatori di quanto viene realizzato sulla base di tali scoperte? O siamo incuriositi in occasione di un determinato evento (ad esempio, anche se non del tutto attinenti con quanto qui esposto, la rilevazione del “bosone di Higgs” effettuata nell’ormai lontano 2012 dal CERN, o la missione della sonda Rosetta per osservare da vicino la cometa 67P / Churyumov-Gerasimenko) per poi mettere da parte il tutto appena l’attenzione dei media si affievolisce o scompare del tutto?
Non si vuole mettere qui in evidenza una percezione negativa. Ma, forse, è quanto nella maggior parte delle persone accade. Le caratteristiche che in molti casi si rilevano sono appunto quelle dell’indifferenza, del mero uso, della critica, a volte fine a se stessa. Eppure, come uomini e donne, abbiamo a nostra disposizione un più ampio spettro di comportamenti. Certo, non siamo tutti obbligati a conoscere e comprendere le quattro equazioni di Maxwell sulla teoria dell’elettromagnetismo, o i principi della meccanica quantistica. Ma possiamo, se non altro, sviluppare una certa stabile curiosità, o uno stupore per quanto il genere umano ha scoperto e realizzato. Sono queste intanto forme di partecipazione e di interesse per qualcosa che, prima o poi, ci toccherà nella nostra vita quotidiana (cosa abbiamo pensato quando abbiamo letto della realizzazione dei primi schermi LCD? potremmo oggi fare a meno di smartphone e degli schermi piatti dei nostri televisori dove proprio gli LCD sono parte fondamentale?). Sono questi (la curiosità e lo stupore) strumenti che ci consentono di non arrivare impreparati all’uso di tali scoperte ed invenzioni e dei prodotti commerciali che ne possono derivare.
Quanto sopra indicato è ciò che può essere nostro in quanto esseri umani. Ma cosa a questo si aggiunge se consideriamo il nostro essere cristiani in forza del battesimo? Vorrei far brevemente riferimento a soli tre aspetti.
Il primo è ancora lo stupore. Stupore per quanto Dio Padre ci ha messo a disposizione, per quanto il creato sia ricco ed ancora lungi dall’essere stato tutto scoperto, per il nostro ruolo di piccoli creatori (in realtà scopritori, al massimo inventori). Stupore per questo rapporto con il Padre che si fa sempre nuovo e ricco di nuovi dettagli anche in base alla nostra comprensione del creato.
Il secondo è la gratitudine. Non siamo noi che abbiamo creato, ma tutto questo ci è stato donato, ci è stato messo a disposizione. Ed in modo gratuito.
Il terzo aspetto è la compartecipazione. Il creato è stato dato non a pochi, ma a tutti gli uomini. Non è questo un assunto politico, ma una constatazione che deriva dall’essere tutti egualmente fratelli di un unico Padre che ci ama tutti con la stessa intensità ed attenzione.
Possiamo ricordare, a sintetizzare questi tre aspetti, quanto diceva Giovanni Paolo II: “l'uomo e la donna sono ministri e non arbitri”, siamo cioè compartecipi della creazione e dell’uso del creato (ed in quanto tali capaci di stupore e gratitudine), ma non siamo coloro che ne possono disporre in forma assoluta sulla base di legge che abbiamo auto-definito. E questo ci obbliga a mettere nella giusta “luce” il nostro essere uomini, il nostro uso della tecnologia ed il nostro rapporto con Dio Padre. A tal proposito possiamo ricordare quanto ha di recente affermato il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, proprio il 19 gennaio 2015 nel suo discorso di intervento alla cerimonia di apertura dell’Anno Internazionale della Luce: “la luce non è Dio, ma Dio è luce”.
1 Si veda l’articolo all’indirizzo www.unesco.it/cni/index.php/news/304-2015-anno-internazionale-della-luce o anche www.light2015.org
12/05/2015
Giorgio Assenza