riflessioni sul documento “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale”
Con questo contributo di Alberto ed Emanuela Hermanin desideriamo dare il via ad una riflessione sulla spiritualità coniugale e sul sacramento del matrimonio come via di santità.
“Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari” è il documento che il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha preparato per offrire una visione e una metodologia rinnovata della preparazione al sacramento del matrimonio e a tutta la vita matrimoniale. Diffuso dal 15 giugno, il documento riprende, amplifica e sistematizza temi affrontati dal Santo Padre sul “catecumenato” matrimoniale in diverse occasioni negli ultimi anni.
È per noi di particolare importanza che il magistero ecclesiale richiami l’attenzione sullo specifico del matrimonio cristiano, sacramento della Chiesa, sacramento vocazionale quanto quello dell’Ordine. Ora, si osserva nel documento, appare del tutto ingiustificato che mentre la Chiesa dedica enormi energie alla preparazione al sacramento dell’Ordine, poco o nulla si faccia per quello del matrimonio. Le parole del Papa rispondono in qualche modo al “grido di dolore” di molti operatori della pastorale familiare dediti in particolare alla pastorale prematrimoniale (per lo più coppie laiche come i sottoscritti) che riscontrano l’oggettiva debolezza delle coppie che si presentano alla Chiesa per chiedere il matrimonio cristiano: debolezza, si intende, nella consapevolezza del passo che si intende compiere. E sovente riscontrano, anche, un sostanziale disinteresse delle comunità ecclesiali sul tema, rispetto ad altre attività pastorali ritenute più consone ad un annuncio kerigmatico. E proprio su questo punto, invece, insiste non poco il documento vaticano. Le sollecitazioni sono tante e sarebbe impossibile elencarle tutte in questa sede.
Il Papa non le manda a dire: “seria preoccupazione per il fatto che, con una preparazione troppo superficiale, le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo”. “è dovere di giustizia per la Chiesa madre dedicare tempo ed energie alla preparazione di coloro che il Signore chiama ad una missione così grande come quella familiare”.
Per noi particolarmente significativi due aspetti, richiamati e affermati nel documento: “perfino la pastorale sociale andrebbe integrata con quella familiare perché non si può comprendere oggi una pastorale sociale adeguata senza ascoltare la famiglia”. Questo va ricordato, perché è esperienza comune che le attività “sociali” delle comunità ecclesiali ricevono spesso consensi trasversali e diffusi, che calano drammaticamente quando da queste si passi ad altri aspetti della vita di fede.
In senso se si vuole opposto a quanto sopra, si sottolinea con forza come “il catecumenato matrimoniale non è una preparazione ad un “esame da superare”, ma ad “una vita da vivere” e “il tono generale da usare in questo percorso dovrebbe andare ben al di là del richiamo moralistico e tutto orientato, invece, al bene e al bello che è possibile vivere nel matrimonio”. Anche questo richiamo ci sembra essenziale riportare, perché nel “grido di dolore” degli operatori della pastorale prematrimoniale sovente si sente dire che gli sposi “non sanno” cosa è il matrimonio cristiano. Questo è ovviamente vero, ma ci si deve sempre guardare dalla trappola gnostica del ritenere che si tratti, qui come altrove, di un problema di “sapere”, di scienza insomma. E allora, senza paura alcuna di ribadire le verità morali che scaturiscono dalla fede e che sono ad essa indissolubilmente legate, il punto è aiutare i nostri fratelli che chiedono il matrimonio cristiano a rispondere alla chiamata di amore, al “Sitio” del Cristo. E infatti, “pur partendo dall’esperienza concreta dell’amore umano, siano messe al centro della preparazione al matrimonio la fede e l’incontro con Cristo”.
Non si tratta quindi, in questa opera del catecumenato, né di impartire lezioni, né, tantomeno, di praticare una sorta di consulenza su come far andare bene una vita di coppia. Partendo dall’esperienza dell’amore umano, - che ha le sue rudezze, sarà certamente utile ricordarle a quanti, e sono molti, si affidano esclusivamente alle “emozioni”, per loro natura facili e spesso illusorie - al centro ci dovrà essere la risposta alla chiamata: eccoci.
Traendo dalla nostra pluridecennale esperienza, in ogni sua parte confermata dal documento vaticano – e di ciò siamo grati al Signore – vogliamo ricordare una metafora che abbiamo spesso usata nel nostro percorso di operatori pastorali, quella del letto matrimoniale: la vita di una coppia cristiana è infatti il letto matrimoniale del “matrimonio” fra Dio e l’Uomo, fra Cristo e la Chiesa. Al contempo, è luogo non solo metaforico della presenza dello Spirito “nel” matrimonio: l’esercizio della sessualità che si collega all’immagine del letto assume a sua volta una sorta di valore liturgico. Perché mai Gesù che ha promesso di esserci dove due si riuniscono in suo nome non dovrebbe essere presente quando questa unione di due si concreta in una intimità unica e incomparabile? Proprio come i matrimoni umani, abbiamo sempre ricordato nei nostri incontri, anche quello speciale matrimonio che è l’Incarnazione non è una romantica storia di fiorellini, baci e tenerezze, ma una rude e ben concreta esperienza terrena. Si guardi alla vita di Gesù, che ha certamente conosciuto momenti di serenità e di gioia familiari e comunitari – per esempio i tanti banchetti cui era invitato nei vangeli – ma che è poi finita come si sa. E proseguivamo, ricordando che questa fine in verità fine non è e che quindi, anche nel matrimonio, il punto centrale in fin dei conti è la Pasqua: se Cristo non è resuscitato dai morti la vostra fede è vana.
Un’ultima riflessione, dovuta tanto alla nostra diretta esperienza quanto alla lettura del documento vaticano: famiglia, prima che ogni altra cosa, significa coppia, unione di uomo e donna. Risulta a nostro avviso essenziale il richiamo a questa realtà là dove nel presente il termine non solo è inflazionato dalle amenità sulle “famiglie non tradizionali”, ma anche quando, in ambito ecclesiale, si pensa ad essa come nucleo sociologico di genitori figli e magari perché no, nonni.
Non c’è, si intende, alcun disvalore in questa visione, ma sarà bene tener presente in ambito catechistico e ancor più in un catecumenato, ancora una volta la metafora del letto matrimoniale; è lì, su quel letto, che “consiste” la famiglia. La coppia, gli sposi, sono il tronco, la realtà della famiglia: i nonni possono esserne i semi così come i figli ne sono i frutti, ma un albero può anche non dare frutti e non per questo essere di seconda categoria. Forse che non rende l’aria respirabile, non dà ombra a chi passa per riposarsi ad essa? Non è, in altri termini, un valore “sociale”? Certo che lo è. Gli sposi cristiani possono essere e sono dunque un annuncio kerigmatico, essi stessi. Una risposta ogni giorno, ogni ora, al Sitio che ci chiama, una testimonianza, per citare nuovamente il documento, del bene e del bello che è possibile vivere nel matrimonio.
Ci piace riportare ancora lo stesso documento che nelle conclusioni esorta le Chiese particolari ad avere “coraggio” e ad “entrare in un giusto atteggiamento di fede sapendo che le opere del Regno iniziano sempre come un granello di senape ma col tempo possono diventare un grande albero che offre riparo e protezione”. Sì, coraggio: espressione che ci ha ricordato le memorabili parole del Papa santo che ha accompagnato la nostra maturità: “Carissimi fratelli e sorelle, non abbiate paura, non abbiate paura”!
Noi pensiamo in conclusione che ci sia qui una cospicua riserva di riflessione e discernimento per il nostro Movimento Pro Sanctitate, con particolare riguardo alla chiamata alla santità nel matrimonio, nella coppia di sposi: e salva la pazienza di quanti ci avranno letto, e che ringraziamo per questo, ci ripromettiamo di tornarci sopra.
Alberto ed Emanuela Hermanin
Per i contenuti rimandiamo evidentemente alla lettura del documento:
Se si dispone di poco tempo, consigliamo di leggere almeno la prefazione di pugno del Santo Padre, poche pagine ma assai dense come c’era da aspettarsi.