18 regali è la storia di Elisa (interpretata da Vittoria Puccini) che, durante una gravidanza, scopre di avere un tumore allo stadio terminale. Il compagno Alessio (Edoardo Leo) inizialmente non riesce ad accettare la malattia della moglie ma poi, insieme, i due riescono a trovare la serenità e a pensare al futuro: la loro bambina, Anna.
Nel momento in cui realizza che non potrà veder crescere la propria figlia, che non potrà essere presente nelle sue tappe più importanti, Elisa decide di fare una lista e di comprare diciotto regali incaricando il marito di consegnarli ad Anna per ogni compleanno fino alla maggiore età.
Dopo un lungo salto temporale, ritroviamo Anna (interpretata da Benedetta Porcaroli) nel giorno del suo diciottesimo compleanno. La ragazza è triste, arrabbiata e scappa di casa, dalla festa che il padre le aveva come ogni anno organizzato. Nella fuga però, la ragazza viene investita; quando apre gli occhi, Anna vede proprio Elisa, la mamma che non ha mai potuto incontrare.
Il coma quindi, questo lungo sogno, diventa per Anna una possibilità, un’occasione per vivere un po’ di quel futuro strappato via a tutta la famiglia dalla malattia.
Un film che fa commuovere, piangere ed emozionare, specialmente sapendo che la base della trama sia vera. 18 regali, infatti, è liberamente ispirato alla storia di Elisa Girotto e di suo marito, Alessio Vincenzotto (che ha collaborato alla scrittura della sceneggiatura). Elisa era una giovane mamma di Treviso che nel 2017, a quarant’anni, deve abbandonare il marito e la figlia di solo un anno. Quando Elisa e Alessio scoprono la malattia, la scelta è quella di non mettere a rischio la vita della loro bambina con cure aggressive. Diventa subito chiaro, però, che Elisa non potrà veder crescere la sua Anna e, con questa lista di diciotto regali, trova l’unico modo a sua disposizione per accompagnare la figlia nella crescita.
Il regista decide di utilizzare un espediente narrativo (ovvero il coma della figlia Anna) per ricreare un sogno, un’ambientazione onirica, quasi surreale e, in questo modo, realizzare ciò che nella realtà non è potuto accadere.
Approcciarsi ad una storia vera di questo tipo non è mai facile ma credo che, in questo caso, l’intento sia riuscito in modo estremamente delicato. Un tenero omaggio ad una storia triste, ingiusta, che commuove e fa riflettere sul senso della vita, sul legame che per sempre ci tiene uniti alle persone che amiamo e che ci amano. E così, anche piangere, diventa un atto di gratitudine alla vita.
Claudia Torrisi