Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista a Don Luigi Verdi, responsabile della Fraternità di Romena, che abbiamo incontrato a Calino in occasione di un incontro del Movimento Pro Sanctitate dal titolo: “Dio guarda il cuore”.
Verso quale orizzonte ci possiamo muovere per andare incontro al Vangelo, per viverlo?
Togliere questa nostra prepotenza umana che vuol cambiare il mondo, convertire il mondo. Ci hanno messo troppe aspettative dentro, troppa ansia di essere noi il centro di tutto. Non sopporto più la parola “accogliere”, perché accogliere vuol dire che noi siamo bravi, prepotenti, che gli altri che arrivano sono degli sciagurati e non è vero. Chiunque arriva qui ha una storia, ha una bellezza e quindi io amo di più la parola “raccogliere”. Noi siamo qui a raccogliere.
È anche cambiare prospettiva. Ripeto di continuo una frase di papa Giovanni che dice: «ciò che è semplice è naturale, ciò che è naturale racchiude il divino». Più una cosa è semplice, più è naturale, più c’è Dio. Più è gonfiata e meno Dio c’è. Hai visto Romena? Se entri in quella pieve anche se non credi in Dio, ci credi. È così immediato, perché tutto è così semplice, così naturale.
Vorrei un cristianesimo più leggero. La leggerezza: Gesù non ha mai l’ansia, perché se guardi il Vangelo, non ce l’ha l’ansia, se non si fa ora si farà domani. Se uno mi blocca sto lì a parlare con lui. Come con Lazzaro, arriva tardi e si inventa qualcosa. Questa naturalezza, questa spontaneità che nella Chiesa non c’è. È troppa roba e io amo questa spontaneità, questa leggerezza del Vangelo e se vai a vedere tutti i brani del Vangelo, Gesù è meraviglioso.
Per me il futuro, anche in questa fase di crisi - in cui tutti i preti sono in crisi, in cui la gente non va più alla Messa -, il futuro è tornare ai discepoli di Emmaus. È l’atteggiamento di Gesù che non si fa nemmeno riconoscere, cammina con loro, condivide il loro dolore, dice: perché siete tristi? Meraviglioso, fa finta di andar via, devono essere lo a dire "ci batte il cuore" e poi spezza il pane.
Ormai l’Eucaristia, la Messa la domenica non è più "dovuta". Quindi il problema è che te la devi riconquistare questa gente e non la puoi conquistare imponendo una cosa. La conquisti come Gesù con i discepoli di Emmaus: cammina con la gente. Vai per le strade, vai a cercarla, cammina con loro, condividi il dolore se un dolore sta in mezzo a loro. Fai finta di andar via, lasciali liberi, non imporre mai niente e alla fine si spezza il pane. E dopo lo spezzare il pane assapori certe volte il buono. Quindi io direi che l’Eucaristia è il punto finale, non è più il punto di partenza di prima. Questo è un modo di essere, uno stile. Cambiare lo stile, tornare a una naturalezza a una leggerezza, a una semplicità che abbiamo perso, che è la Chiesa dell’inizio.
Il Movimento Pro Sanctitate è formato da giovani, famiglie e anche da donne consacrate. Che messaggio daresti alla vita consacrata?
Ma io direi: capire la ricchezza che uno ha. Il rischio è di avere sempre la prospettiva di dire: progettiamo. Penso che i progetti siano demoniaci, perché se uno fa un progetto, io sono qui voglio arrivare laggiù, ma tra me e laggiù c’è la gente, c’è lo Spirito Santo, che dice: ma dove vai! La strada non è lì e di là. Quindi noi abbiamo puntato tutto su questa progettualità, su dove si va e abbiamo perso il valore di quello che siamo.
Potersi dire: quanto è meraviglioso è che io ci sia, quanto è meraviglioso aver incontrato questo Dio, dirsi che nessuno come me tornerà su questa terra. Pensare che non sono un numero, ognuno di noi può migliorare la Chiesa o peggiorarla, ognuno di noi per le parole che dice, per come si muove può rendere migliore questo mondo.
Abbiamo fatto una promessa d’amore a Dio. Le promesse d’amore sono due. La prima “il nostro amore vincerà”, ti prometto che il nostro amore vincerà. Secondo “non ti lascerò mai solo”. Penso molto alla fedeltà dell’amore. Se capisci la tua bellezza, la tua ricchezza, che sei innamorato della cosa più bella di questo Dio che non ha bisogno di essere protetto, difeso. Dio si difende da solo, basta avere il coraggio di seguirlo umilmente.
Più togliamo la nostra prepotenza umana e più lo seguiamo umilmente con leggerezza, più la Chiesa riprende il via. Una delle cose che dico alle coppie, ma che si dovrebbe fare anche noi: il giorno della nostra consacrazione bisognerebbe prendersi davvero due giorni e andare via e rifarsi le promesse d’amore. Questo perché ormai si dà per scontato, invece ritornare davanti al mare e fare due promesse a Dio che sono queste semplici: il nostro amore vincerà e io non ti lascerò mai solo. E senti quella bellezza di quello che hai scelto. E poi Dio ti dà le energie per creare con la fantasia, con la forza…
A cura di Rosanna Gagliano e Antonella Ruggeri