La difesa della vita è la prima pietra del bene comune. Con questa affermazione forte Papa Francesco ha inteso spronare il mondo politico alla vigilia della 41° Giornata nazionale per la Vita. L’invito del pontefice indica una direzione spesso trascurata del valore della vita umana, il suo carattere sociale: la difesa della vita “a partire dal suo concepimento fino al suo naturale spegnersi” dunque “coinvolge ogni cittadino e il complesso intreccio delle relazioni sociali”. Spesso la dimensione assoluta del valore della vita umana rischia di suggerire una lettura individualista, facendoci perdere l’orizzonte dello spazio e del tempo in cui ogni nuova vita è generata e si sviluppa.
Che “la vita sia un bene” ci pare una affermazione scontata, ma il fatto che sia un bene comune, cioè un bene della comunità - e per la comunità - richiede un supplemento di riflessione. Troppo spesso la discussione sullo spazio collettivo che viviamo ha visto l’argomento del bene comune - o di un bene addirittura superiore – come una giustificazione per la violenza nei confronti dei più indifesi: dal bambino concepito a chi è sul tramonto della vita, dal malato allo straniero: “Allora anche la vita si riduce a bene di consumo, da usare e gettare, per noi stessi e per gli altri. Come è drammatica questa visione, purtroppo diffusa e radicata, presentata anche come un diritto umano, e quante sofferenze causa ai più deboli dei nostri fratelli!” (Papa Francesco, Discorso al Consiglio direttivo del Movimento per la Vita italiano, 2 febbraio 2019).
Questa riflessione sul bene comune ci porta anche a riconsiderare la nostra posizione sulla casa comune in cui abitiamo attraverso una ecologia autentica, attenta sia alla sostenibilità che alla relazionalità intergenerazionale: “la vera ecologia è sempre integrale e custodisce la vita sin dai primi istanti” (Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 41ª Giornata Nazionale per la Vita 2019). Esiste uno spazio collettivo in cui siamo chiamati a difendere la vita e a costruire quella Giovanni Paolo II chiamava la “civiltà dell'amore e della vita”, così come esiste una storia collettiva in cui questo impegno si dispiega. I Vescovi italiani in occasione della Giornata per la Vita ci hanno ricordato che ogni nuovo essere umano contribuisce al rinnovamento della famiglia che lo accoglie e allo stesso tempo di tutta la famiglia umana, contribuendo alla “solidale alleanza tra le generazioni”.
In questa costruzione dello spazio e in questo passaggio nella storia non siamo soli: la difesa della vita ci porta di fronte agli altri fratelli e a Dio, “amante della vita” (Sap 11, 26). Di fronte agli altri uomini, perché, come ha ben sottolineato Papa Francesco, il valore della vita umana “è valore umano e civile e, come tale, chiede di essere riconosciuto da tutte le persone di buona volontà, a qualsiasi religione o credo appartengano”. Di fronte a Dio, in quanto l’orizzonte che si apre dalla città degli uomini richiama la città di Dio: la vocazione della comunità dei fedeli si realizza nella forma di uno spazio sociale, una città celeste. Allo stesso tempo la difesa della vita umana richiama l’orizzonte della misericordia divina che si stende “di generazione in generazione”, come cantata dal Magnificat (cfr. Lc 1,50). Questa prospettiva spirituale ci ricorda che “non è vero che l'uomo non possa organizzare il mondo terreno senza Dio. È vero però che, senza Dio, non può alla fin dei conti che organizzarlo contro l'uomo” (H. de Lubac, Il dramma dell'umanesimo ateo).
di Tony Persico, proboviro MPVI