Papa Francesco, nel corso del Sinodo appena concluso, ha ribadito più volte l’importanza di mettersi in ascolto dei giovani, di tutti i giovani. Molti hanno colto questo invito e da questo ascolto si è cercato anche di capire come i giovani vivono la fede oggi. Non è facile, poiché si tratta di entrare in una dimensione che appartiene agli aspetti più intimi e profondi dell’esperienza umana. Una premessa semplice ma importate: i giovani non sono una categoria omologata. Ciascuno ha una storia unica e un percorso irripetibile. È facile etichettare i giovani come atei semplicemente per il fatto che in pochi partecipano alla Messa domenicale. La contrapposizione credente/non credente è riduttiva e semplicistica, non racconta cosa c’è nel profondo.
Questa generazione può essere definita meno praticante ma non incredula. I giovani non sono disposti ad accettare delle verità assolute, vogliono fare esperienza in prima persona di cosa voglia dire credere e perciò si distaccano da tutto ciò che è predefinito. Non vogliono essere credenti in modo standard, ma preferiscono adottare un ruolo indipendente e attivo nei confronti della religione. La fede dei giovani è una fede personale, su misura; una fede nella quale i contenuti, le pratiche e i valori vengono decisi dal singolo, che cerca un rapporto sempre più personale e intimo con Dio, lontano dalla tradizione e dalla Chiesa come istituzione. All’interno di questa fede personale, la preghiera è vissuta positivamente, molto apprezzata per la sua flessibilità relativa sia al suo contenuto, sia alle sue forme. Lascia la persona libera di esprimersi davanti a Dio, senza il timore di un giudizio. La preghiera diventa allora un momento di comunicazione con Dio, ma anche un momento di riflessione e di meditazione sulla propria vita. La Messa, invece, viene percepita come un’alternativa, tra le tante, dei modi di vivere la fede.
I giovani sono molto critici verso l’istituzione della Chiesa: l'unica immagine di Chiesa che salvano è quella locale, la parrocchia, in quanto promotrice di relazioni e di socialità.
I giudizi negativi nei confronti della Chiesa non riguardano, però, papa Francesco che gode di un ampio consenso. Papa Francesco risulta essere un testimone credibile, che non predica molto ma agisce concretamente. La Chiesa da salvare è quella al servizio del territorio e dei suoi abitanti. Per i giovani, al centro del suo agire ci deve essere la solidarietà e l’assistenza ai poveri: è ampiamento riconosciuto infatti l’operato che svolge nell’ambito sociale. Questa Chiesa concreta, attenta ai bisogni degli ultimi, alle precarietà del vivere, è quella che piace ai giovani.
I giovani riconoscono ancora alla famiglia un ruolo fondamentale nella trasmissione religiosa, ma ritengono che poi, ad un certo punto della vita, sia il singolo a scegliere consapevolmente e criticamente che strada intraprendere. I giudizi sul ruolo dei genitori in questo campo sono abbastanza critici: i giovani accusano i genitori di aver promosso la formazione religiosa dei figli senza coinvolgersi in prima persona, delegandola ad altri e senza essere molto credenti.
L’attuale generazione di giovani è cresciuta ancora all’interno della tradizione cristiana: quasi tutti i ragazzi hanno partecipato al catechismo e hanno ricevuto i Sacramenti, però si sono allontanati dopo la Cresima. Tutti hanno anche un ricordo negativo del catechismo, lo ricordano noioso e simile alla scuola: un vero fallimento. Giudizi positivi vengono dati invece alle altre esperienze vissute in oratorio, come i Grest, i campi estivi, le attività di volontariato e gli incontri. Per i giovani, in oratorio e in parrocchia si fa esperienza di comunità, questi luoghi sono in grado di esprimere concretamente la proposta di vita del Vangelo, in opposizione agli insegnamenti teorici del catechismo.
Non si può sostenere che i giovani abbiano una fede lontana dalla religione cristiana. Il loro è un autentico itinerario di fede: hanno intuito che esiste uno stretto collegamento tra speranza e fede, sono consapevoli che il rapporto con Dio e con il prossimo aiuta a superare la solitudine, sono capaci di esprimere la propria fede con parole e gesti personali, riconoscono la bellezza del credere. Non si può allora affermare che sia una generazione senza Dio, ma una generazione che vive il rapporto con Dio in un modo personale e diretto.
I giovani si sono creati una fede personale perché non hanno trovato nella Chiesa quello di cui avevano bisogno. Vorrebbero una Chiesa capace di offrire relazioni concrete, dialoghi sinceri, testimoni convinti, figure guida operative nel mondo e attente ai bisogni del prossimo. Una Chiesa fatta di persone che sappiano ascoltare, accogliere e accompagnare, senza giudicare.
È una generazione che chiede fortemente autenticità e coerenza: chi vuole entrare in relazione con i giovani deve tenerlo ben presente.
Melissa Vianelli
Movimento Pro Sanctitate - Guglielmo Giaquinta - diteloatutti.net site