Tanto è stato detto sulla storia di Alfie e sulla forza dei suoi genitori. Ricapitolare questa dolorosa e complicata storia, forse, in questo momento serve a poco. Serve sicuramente fare chiarezza, in nome di una giustizia che non è affatto ritagliata sul caso specifico ma che dovrebbe tutelare tutti.
In questo momento serve raccogliere quello che di buono rimane da questa perdita, per cercare di imparare, di crescere, di spiegare e di spiegarci...
Sono tre i tipi di sentimenti che restano, ripensando a questa incredibile storia: il primo, è innegabile, è la tristezza.
Il piccolo Alfie, sicuramente, non sarà dimenticato né da Dio né dagli uomini, ma ci lascia la triste fotografia che ha scattato del nostro mondo. Siamo di fronte a un sistema giuridico che non distingue più tra la possibilità di guarire e la possibilità di curare, un sistema sanitario che non sa più prendersi cura dei pazienti e relazionarsi con le famiglie, un sistema morale che ha barattato il diritto per l’interesse, la morte per la vita…
Il secondo sentimento è il senso di appartenenza a una grande famiglia che guarda e si prende cura dei più deboli: credenti e non credenti, letterati e non, persone con alte cariche e persone semplici, tutte accomunate dal credere che la vita è un dono e va difesa. “Alfie è figlio nostro, è figlio del mondo”: così ha giustamente ricordato il patriarca di Venezia, mons. Moraglia. La valenza della sua vita, così fragile e così forte insieme, ha un carattere universale e tutto il mondo ha fatto sentire la propria voce.
Guardare questa folla, l’esercito di Alfie, dal di fuori, fa crescere il terzo sentimento: la speranza. Speranza che per chi non crede è quella di avere delle persone sulle quali poter contare che non si sono ancora arrese alla logica dello scarto; speranza che per chi crede, si è racchiusa nella preghiera, silenziosa o urlata a squarciagola, nei confronti di un Dio che vince la morte, di una Vita che è più forte di tutte le prove e di tutte le difficoltà.
A questo nostro mondo Alfie insegna (il tempo verbale presente è volontario) silenziosamente tre cose: occorre resistere ancora, perché la logica dell’utilità, di quanti sono pronti a decidere quali vite sono degne e quali no, è ancora una minaccia; occorre stupirsi ancora, perché quando la logica del mondo vorrebbe la vita vinta e sconfitta, proprio allora essa ci sorprende e ci vince; occorre sperare ancora, perché la preghiera e la volontà possono cambiare le piccole storie, e le piccole storie cambiano il verso della storia.
Giovanna Sedda e Tony Persico