Il diavolo condusse Gesù in alto,
gli mostrò in un istante tutti regni della terra e gli disse:
«Ti darò tutto questo potere e la loro gloria»
Lc 4, 5-6
Tentazione: una voce fuori campo, che si insinua nella mente e fa dubitare del vero.
Una voce alleata dell’ego, che divide, corrompe, accieca.
Una voce non riconoscibile, per cui è facile cadere nella sua trappola.
Per questo è necessario il deserto, lì dove il silenzio e l’essenzialità permette di individuarla. Mi piace pensare la Quaresima come un tempo di deserto per riconoscere e neutralizzare le voci che ci mandano fuori pista.
Anche Gesù è andato nel deserto e nelle sue tentazioni possiamo riconoscere quelle che tormentano l’esistenza umana: l’avere, il potere e il valere.
Quella che in questo momento mi colpisce particolarmente è la tentazione del potere.
Il potere è ciò che genera le divisioni, i conflitti, le guerre, le ingiustizie, le incomprensioni; è ciò che minaccia l’equilibrio e la consapevolezza. La vedo ovunque intorno a me e a volte in me.
Presente nelle alte sfere, nelle più visibili situazioni dirigenziali e di governo, così come nelle situazioni più semplici e quotidiane, il potere viene definito come la capacità di influenzare i comportamenti umani, di ottenere obbedienza.
Già l’intento di influenzare i comportamenti è eticamente scorretto, anche se fosse per influenzare al bene: aderire al bene per costrizione e non per libera scelta, è nulla.
Solitamente la tentazione del potere cerca di assoggettare l’altro per il proprio ego, per i propri interessi, a volte con la forza e a volte con la persuasione.
Macchiavelli parlava di leoni e volpi: i primi userebbero la sola forza per ottenere il potere e alla lunga sono sconfitti, i secondi con il consenso, la persuasione.
Esiste una tentazione del potere visibile e riconoscibile, ma ce n'è una mascherata di bontà o di fragilità, anche di religiosità, subdola, ma non meno fastidiosa e pericolosa.
Emerson, nel suo celebre saggio sul “Potere” (in “Condotta di Vita”) disse che la vita è una ricerca del potere; e questo è un elemento di cui il mondo è talmente saturo, non c'è crepa o fenditura in cui non si trovi, che nessuna onesta ricerca è senza ricompense.
Da dove nasce questo bisogno di esercitare un dominio sull’altro, di sentirsi superiori? Il bisogno di essere adulati e ossequiati? Questo bisogno di sentirsi migliori? Così forte che a volte umilia, ferisce, deruba dignità e rispetto, e arriva ad odiare o uccidere?
Potrei avere una semplice risposta: chi ha bisogno di sentirsi migliore, in realtà si sente peggiore.
Troppo semplice?
Ok. Ve ne fornisco un’ altra, quella di un esperto.
In tutte le manifestazioni di potere si crea una relazione di un superiore e un inferiore e quindi una rivalità. Il potere è lo sbocco naturale di tutte le frustrazioni, il rifugio della paura, la compensazione del non-valere. Il potere, nell’ordine storico in cui viviamo, è alterato da tre cause: l’ insicurezza, la paura, il disconoscimento dell’altro.
Il potere gioca sull’esigenza di fondo di ogni persona, quella di essere accolta. Il nostro vero problema è questo ed è in fondo il problema dell’amore.
Questa necessità, che contiene in se insicurezza, è terribilmente ferita nel cammino dalle inibizioni, dalle esperienze negative, dalla emulazione. Quanto più è profonda, traumatizzata l’insicurezza, tanto più la persona gravita sul potere.
Cioè conta più sulla sua possibilità di imporsi che sull’accettazione tacita, che viene da se, per la forza intima della persona. Senza questa insicurezza, la necessità di porre qualcosa in mezzo, un non-io che faccia accogliere l’io, le nostre relazioni non sarebbero così drammatiche. [Arturo Paoli - La Radice dell’Uomo]
Allora viene da chiedersi: come si supera la tentazione del potere?
Gesù ce lo ha indicato nel primo Comandamento:
Sta scritto: il Signore Dio tuo adorerai, e a Lui solo renderai culto (Lc. 4, 8)
Solo Dio è Dio: in questo riconoscimento c'è liberazione.
Chi cede alla tentazione del potere diventa schiavo.
Trovo incredibilmente liberante il primo Comandamento: dobbiamo inginocchiarci solo davanti a Dio! Lui solo può custodire la nostra libertà. Sia chi si inchina davanti al fratello, sia chi permette che il fratello si inchini davanti a lui è un dipendente, un uomo non libero.
Entriamo dunque nel deserto e cerchiamo di riconoscere qual è la voce del potere che ci tenta.
Non mascheriamo le nostre fragilità e lasciamo che Gesù ci liberi e ci riconsegni al vero potere, quello dell’amore.
Sonia Chiavaroli