L'immigrazione in carne ed ossa

Ogni uomo che ti passa vicino è tuo fratello

Guglielmo Giaquinta

 

Queste poche e semplici parole mi hanno affascinato sin dagli anni della mia gioventù. Oggi all'entusiasmo "rivoluzionario" di allora, si uniscono interrogativi e riflessioni profonde, ogni volta che incontro il volto di un fratello che viene da lontano e porta in se la fatica del passato e tutta l'incertezza del futuro. 

Queste poche parole ritornano alla mente quando lo sguardo di centinaia di uomini in fuga dall'orrore, dalla guerra e dalla miseria, mi raggiunge attraverso lo schermo della tv o il monitor di un PC.

Queste poche parole mi ricordano che l'immigrazione, quel fenomeno sociale primitivo dell'essere umano che cerca un futuro migliore per se e per il propri figli, è fatto di carne ed ossa, ha mani e piedi corrosi della fatica, ha un cuore che batte, un sangue che scorre, un anima che soffre... ecco perché rabbrividisco di fronte alle soluzioni sommarie, alle ricette facili, agli slogan disumani che cavalcano l'onda della paura dei cittadini e della inadeguatezza delle istituzioni.

Immigrati in attesa a Ellis Island, New York, inizio '900
Immigrati in attesa a Ellis Island, New York, inizio '900

Le immagini di un dramma che si svolge alle porte di casa nostra suscitano profonde emozioni mentre si accendono le polemiche tra coloro che spingono per l’apertura accogliente e quanti sono invece fautori della chiusura e dei respingimenti.

Una cosa è certa, il fenomeno è inarrestabile e non può essere gestito sull’onda delle emozioni ma va affrontato con coraggio e determinazione ad agire in vista dell’autentico bene comune.

Due dati sono indiscutibili: la fuga di chi cerca scampo da guerre e miserie e la crisi demografica dell’Europa.

Da questi dati certi occorre chiedersi, non solo a livello umanitario e caritatevole, come gestire politicamente questo fenomeno immigratorio per una convivenza pacifica.

Per procedere in questa analisi mi ispiro i punti salienti dell’articolo di Francesco Occhetta, pubblicato su La Civiltà Cattolica: La Gestione politica dell'immigrazione.

I numeri ci dicono che quello in atto è il movimento di profughi più importante del dopoguerra. L’Italia, da sempre paese di emigrazione, è improvvisamente diventata una meta di immigrazione a partire dalla fine degli anni Ottanta, tanto è vero che oggi i cittadini stranieri in Italia sono 8 ogni 100 abitanti.

Gli effetti della crisi economica hanno minato la coesione sociale e stanno accrescendo, nella cultura italiana, sentimenti di insicurezza e di pregiudizio contro gli immigrati.

Il prezzo della crisi che gli immigrati stanno pagando è molto alto, non solo perché il reddito medio è circa la metà di quello di una famiglia italiana, ma soprattutto perché si sta riducendo la domanda per l’assunzione nelle fabbriche e nelle campagne.

foto: istituto euroarabo
foto: istituto euroarabo

I più colpiti sono quelli che lavorano nel settore agricolo nel Meridione ma sono molte le zone in cui gli immigrati non vengono rispettati nei loro diritti: dalle imprese di Prato alle campagne della Pianura Padana, dalla Piana del Sele alla Lucania, senza dimenticare il lavoro domestico.

Anche nella scuola, sempre più multietnica, si sta riformando il volto della società italiana.

Le carceri italiane sono diventati luoghi transnazionali, dove culture diverse, invece di incontrarsi, si scontrano. Gli stranieri che hanno minori possibilità di garantirsi una valida difesa legale sono più vulnerabili degli italiani; a parità di pena da espiare i detenuti stranieri sono costretti a scontare un surplus di “sofferenza legale”. Su di loro poi i media, spesso condizionati da letture ideologiche e di parte, puntano i riflettori inducendo l’opinione pubblica ad associare alla figura dell’immigrato quella dell’attentatore alla sicurezza sociale.

Quasi del tutto trascurati sono invece i numerosi e spesso gravissimi reati commessi contro donne e uomini immigrati: la paura o l’irregolarità della propria posizione spingono coloro che subiscono violenza a non sporgere denuncia.

La gestione politica europea del fenomeno migratorio non è lineare.

Il Governo italiano non ha avuto sufficienti appoggi politici, né sulla proposta di rafforzare il programma di controllo e di interventi ai confini esterni dell’Unione denominato Frontex, né riguardo l’operazione Mare Nostrum che ha salvato 110.000 persone, ma che è stata ostacolata dai Paesi Europei considerandola “un’azione di attrazione” dell’immigrazione.

Il problema politico è ancora molto grave; il Consiglio Europeo dei Ministri per gli Affari Interni, nel luglio del 2014, ha ribadito la responsabilità del Paese “di primo ingresso” che deve gestire in proprio l’accoglienza.

Gli Stati membri ridiscutono e inaspriscono la libertà di circolazione degli accordi di Schengen e l’Italia si trova così sempre più sola a gestire l’accoglienza.

Nel 2016 la Germania e l’Italia hanno chiesto all’Unione Europea di superare il concetto di “Paese di primo ingresso” previsto dal regolamento di Dublino, mentre si è fatta la scelta-tampone di stipulare con la Turchia un accordo economico per contenere i transiti via terra verso la rotta balcanica.

A questo punto ci si chiede se può essere questa l’unica via politica.

Secondo l’analista Marta Foresti ci sono altre soluzioni possibili.

Innanzitutto occorre “aumentare le vie d’accesso legali in Europa. Fermare i migranti è semplicemente impossibile. Serve poi maggiore attenzione nel condividere i dati, nello stringere alleanze tra Paesi di continenti diversi e aumentare la trasparenza. Ma, dopo l’esito del vertice di Bratislava, sembra che anche all’interno dell’Unione prevalgano ancora le divisioni”.

Davanti a queste tensioni riecheggiano gli interrogativi di papa Francesco: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.

Il tema dell’immigrazione dovrebbe farci riflettere sulla concezione di Stato moderno, sull’interdipendenza tra il Nord e il Sud del mondo e sul significato di limitare il diritto di circolazione delle persone.

Su quali principi vogliamo costruire l’Europa dei popoli?

La proposta di soluzioni politiche non può riguardare solo le istituzioni, ma deve coinvolgere anche la società, inclusa la Chiesa italiana con le sue associazioni e il volontariato. Perdere questa opportunità significherebbe indebolire la democrazia e i princìpi che la ispirano.

I problemi sono ardui, ma un Paese come l’Italia, con il suo bagaglio di risorse civili, culturali e spirituali ha la possibilità di vincere la sfida della tutela dei diritti, del rispetto dei doveri e della protezione della dignità degli immigrati.

La politica è chiamata a costruire ponti e non a erigere muri o strumentalizzare il tema dell’immigrazione.

Saranno la forza del dialogo e la creazione di comunità a costruire la società civile del domani, quella che – riprendendo le parole di papa Francesco – è in grado di “integrare, dialogare e generare”.

 

Franco Contino