Tanti anni fa, diciamo in quell’età compresa fra i primi compiti in classe ed i primi concerti (mitico Claudio Baglioni allo Stadio Flaminio nel 1985!!), aspettavo trepidante la domenica….anche se non sempre - e non proprio - perché lo sentissi solo come il giorno del Signore.
Per noi, infatti, la domenica era il giorno della famiglia: papà stava a casa tutto il giorno, nonno Nando ci portava a mangiare al ristorante (altri tempi, non c’erano ancora né i ristoranti cinesi né giapponesi; al ristorante si ordinavano cannelloni e lasagne!) e, se proprio si doveva stare a casa, scattava il pastarella party, dove non ricordo il numero, ma so che le pastarelle erano sempre molto, ma molto di più, di quante ciascuno di noi potesse solo pensare di riuscire a mangiare!
In effetti, c’è stato un momento, ed è iniziato con la preparazione alla prima Comunione, in cui io e mio fratello Andrea andavamo (da soli! A 8/9 anni…ora, minimo minimo, sui nostri figli ci vorrebbe il tom tom per farci stare tranquilli) fino a Santa Gemma, la nostra parrocchia che, all’epoca, ancora non aveva una sua Chiesa e si appoggiava dalle suore di Piazza Monte Gennaro.
Ci fermavamo a salutare la nostra catechista, la dolcissima e sempre sorridente Suor Maria Grazia, maestra nella scuola (ci vedevamo nella sua classe) e poi c’era la Messa con Don Canio, rigorosamente nelle prime file, riservate proprio per noi bambini.
In quelle domeniche ho cominciato a sentire che, oltre la mia famiglia, con cui avevo la gioia di riunirmi di domenica, c’era un’altra famiglia più grande al cui appuntamento davvero non volevo mancare….certo, c’erano anche delle tattiche, tipo evitare di mettersi ai posti centrali, perchè se no al momento del Padre Nostro prendendoci per mano mi poteva capitare anche un maschietto - ed ero in quell’età in cui era molto imbarazzante dare la mano ad un maschietto -, ma aspettavo trepidante anche questo appuntamento settimanale, le omelie su misura per noi, l’odore di incenso, i canti che mi scoprivo a canticchiare anche durante la settimana.
Insomma, se torno indietro nel tempo, il ricordo che ho della domenica è che fosse davvero un giorno per gioire, per ringraziare, per stare insieme.
Anche ora, a distanza di anni, mi piace pensare alla domenica come il giorno della famiglia, prima insieme a ringraziare il Signore, poi a casa a mangiare le pastarelle (nel frattempo nonno Nando è tornato alla Casa del Padre ed i nostri pranzi si sono spostati dal ristorante al salotto di casa…) perchè alla fine comprendo che, se c’è un momento per dare un senso e tracciare un bilancio della settimana, è proprio di domenica.
Oggi, come madre, è anche il giorno in cui vedo esplodere le reazioni sull’andamento della settimana delle mie figlie, dove sono l’arbitro (fischiato) del rispetto delle regole, la nemica numero uno della loro personale interpretazione di libertà (cioè fare tutto quello che voglio); eppure, nessuno mi toglie dalla testa che la nostra settimana può finire, e ripartire, con il piede giusto solo se questo giorno noi possiamo renderlo un giorno di grazia.
Grazia che significa, in ogni famiglia che si rispetti, trovare l’occasione per stare più e davvero tempo insieme, ritrovarsi, comunicare, persino litigare purché serva a qualcosa che non sia alimentare scontri, delusioni e lotte di potere . Ed anche per questo, per permettere alla grazia di entrare, anzi, per lasciarle il posto a capotavola nella nostra Mensa domenicale, c’è, a parer mio, una sola possibilità. Per riconsegnare alla domenica il suo posto d’onore non si può che partire dall’incontro con Chi ce l’ha regalata.
Nella nostra famiglia, da quando tutti e quattro insieme abbiamo ripreso a sentire la domenica come il giorno regalatoci dal Signore, l’appuntamento che abbiamo con Lui è il primo banchetto a cui non vogliamo mancare (con buona pace di nonno Nando che, dall’alto, sono sicura approverà!) perché ci ristora per la settimana trascorsa e ci nutre per quella che dovrà iniziare.
Ora che sono madre e moglie (non so se l’ordine più corretto sia quello inverso, ma di fatto, come tutte le donne, sono un po’ anche la madre di mio marito e quindi così va bene…) la domenica, mentre ci prepariamo per il nostro appuntamento con Lui, fra le liti furiose di chi occupa ore il bagno, Luca che delicatamente si defila per una corsetta al parco, io che giro per la casa tipo “folletto” ad aspirare briciole (ma come fanno a riprodursi continuamente?), polvere, indumenti e, se mi passano davanti, anche i cani….mi ritrovo a pensare a quelle domeniche di tanti anni fa ed è piacevole lasciarsi cullare da questi ricordi, come pure mi viene naturale condividerli con Luca, che all’epoca chissà dov’era (spero ad attendermi da qualche parte ma non ci giurerei…) e Giulia e Chiara, che non sanno quanto potesse essere bello un giorno di festa senza i centri commerciali aperti (in effetti i centri commerciali neanche c’erano).
Delle volte, e questo è capitato anche a me, a noi, scatta il tempo della ribellione, del “voglio dormire fino a tardi”, dell’arroganza di credere che nella mia vita l’appuntamento con Dio possa anche saltare ma, col senno di poi, quanto va perso per un paio di ore in più di sonno! Quanto poco ci rispecchia la nostra immagine di fronte ad un vetro se non riusciamo a riconoscerci come Lui ci ha sempre visto: Sue incredibili, uniche, amate Creature.
Oggi, domenica in famiglia, mi sono svegliata con questi pensieri e, mentre ci prepariamoo ad uscire, sono curiosa di ascoltare cosa riservi per me la Sua Parola, perchè con Lui ho stretto un patto: la Sua Parola non può essere vanificata.
Nel mio ruolo attuale, dentro questa famiglia che a sua volta come le Matrioske è racchiusa in una comunità più grande e così via, io voglio essere contagiosa per chi mi incontra nel suo cammino, sulla straordinarietà di questo giorno regalatoci per fermarci (se si è fermato Lui dopo la Creazione, penso che possiamo farcela tutti!), ringraziare, celebrare, condividere, aprire la propria casa (pazienza per le briciole….), cercare occasioni per far sentire a tutti che questo giorno è il nostro giorno, il giorno che ci è stato donato per stare insieme, fra di noi e con Lui.
Un pò, con il dovuto rispetto, vale la regola di nonno Nando che, nella sua saggezza, ci portava tutti al ristorante, per far sì che fosse un giorno diverso dall’ordinario, un giorno per festeggiare.
Elisabetta Mariotti