L'arte di essere fragili è il titolo del quarto romanzo scritto da Alessandro D'Avenia e uscito nelle nostre librerie lo scorso 31 ottobre.
Il protagonista di questo libro non è un personaggio creato dalla fantasia, bensì il celebre poeta 800-esco Giacomo Leopardi.
Leopardi spesso nelle ore scolastiche viene liquidato come un pessimista cosmico, brutto, malato e deriso dalla società; egli invece fu un uomo desideroso di vita, sempre alla ricerca dell'infinito e talmente convinto di ciò in cui credeva da continuare ad affermare la propria poesia anche quando le situazioni e le persone sembravano ostacolarlo.
Questo romanzo è stato anche trasformato in un racconto teatrale, al quale ho avuto la fortuna di assistere al teatro Carcano di Milano (ma ora in "tour" anche in altre città italiane).
Lo stesso autore è salito sul palco trasformandolo in un'aula scolastica (con tanto di banchi e di alunni presenti) per raccontare, anche attraverso i versi di Leopardi, la bellezza che ci circonda e l'importanza di non lasciarsi piegare dalle proprie fragilità. La prima immagine che ci viene presentata è di un pittore olandese allievo del più famoso Vermeer.
Il dipinto si intitola Donna che si allaccia il corsetto e subito ci viene fatta notare una particolarità: nel bel mezzo della quotidianità si trova una bambina, meravigliata dalla luce che improvvisamente entra dalla porta, e resta lì, immobile, ad accogliere tutta la bellezza che dal mondo si può ricevere.
Quando si è adolescenti tutto è speranza e si capisce di essere persone fatte per la vita, per qualcosa di importante, per la felicità! Come disse il poeta Walt Withman: "Nel grande poema del mondo, tu quale verso sei venuto ad aggiungere?".
Nella sua ricerca di infinito, Leopardi arriva a dire di odiare
[…] la vile prudenza che ci agghiaccia, e lega,
e rende incapaci di ogni grande azione […];
perchè per l'uomo c'è sempre qualcosa da fare per riuscire a resistere alla tremenda seduzione del nulla, per vedere il resto della vita che sta oltre il limite della siepe.
Quando si trova verso la fine della sua vita, quando ormai la luna che sempre lo aveva accompagnato sembra essere tramontata lasciandolo senza una guida nel cammino notturno, Leopardi compone La Ginestra; una poesia che appare quasi come un testamento poetico dell'autore. La ginestra è un fiore che trova vita anche nel deserto e che non usa l'aridità della terra come alibi per non germogliare; allo stesso modo si misura la grandezza di Leopardi che non usa mai la sua fragilità come scusa, ma piuttosto come punto da cui continuare, da cui ripartire sapendo di aver fatto qualcosa di bello al mondo.
Ed ecco che allora la poesia può nascere dal quotidiano, anzi la poesia solleva il quotidiano e lo trasforma in bellezza anche quando sembra che attorno non ci sia nulla per cui gioire.
E allora l'arte di esserte fragili non è l'arte di chi cerca autocommiserazione per ripararsi dalla vita,
ma è l'arte di chi per fare qualcosa di bello al mondo è pronto anche a servire un po di più la vita;
perchè il segreto per trovare la luce nel quotidiano, la luce nel notturno della vita è solo questo:
donarla un po di più alle persone che abbiamo accanto. (Alessandro D'Avenia)
Claudia Torrisi