Referendum costituzionale, consapevolezza e responsabilità

 

Il prossimo 4 dicembre tutti gli italiani sono chiamati a rispondere al quesito referendario sulla riforma costituzionale. Le ragioni del sì e le ragioni del no, al di là di ogni logica di schieramento e di contrapposizione partitica. 

  

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 Approvate il testo della legge costituzionale concernente

“disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,

la riduzione del numero dei parlamentari,

il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni,

la soppressione del CNEL

e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”,

approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale

n. 88 del 15 aprile 2016?

SI

NO


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Va detto innanzitutto che si tratta di un referendum confermativo e non abrogativo, non occorrerà quindi raggiungere il quorum per renderlo valido. In altre parole il risultato del referendum sarà considerato valevole indipendentemente dal numero delle persone che andranno a votare.

Questa consapevolezza richiama tutti noi, cittadini italiani, ad una responsabilità individuale da esercitare, possibilmente, in modo libero dalle logiche di schieramento e di contrapposizione politica, nel tentativo di esprimere, attraverso il voto, un orientamento volto alla ricerca del bene comune.

Le poche righe che seguono,lungi dal voler fornire un orientamento verso l’una o l’altra possibilità, o dal voler essere esaustive nei contenuti esposti, si prefiggono l’unico scopo di suscitare interesse e maggiore consapevolezza nel merito di ciò che saremo chiamati a votare.  

E poiché ci sarà chiesto di esprimere la preferenza su una legge costituzionale, ovvero su un atto normativo che modifica la Costituzione Italiana, abbiamo riportato i pareri – diversi - di due eminenti costituzionalisti, al fine di conoscere le “ragioni del sì e del no”.

 

Carlo Fusaro
Carlo Fusaro

Il costituzionalista Carlo Fusaro, professore di Diritto Pubblico comparato all’Università di Firenze illustra le ragioni del ‘si’ alla riforma costituzionale.

Le questioni rilevanti sono:

  • Trasformazione del sistema bicamerale.
  • Rapporto Stato-Regioni.

In subordine la riforma si occupa del potenziamento dell’iter legislativo per i progetti governativi, la limitazione dei decreti legge, il tentativo di rilanciare gli istituti di partecipazione popolare, la soppressione di ogni riferimento alle Province in Costituzione e l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

 

Vediamo in dettaglio le questioni più importanti.

Il superamento del bicameralismo paritario viene ritenuto prioritario ai fini della governabilità perché viene soppressa la doppia fiducia Camera-Senato.

In effetti nel mondo non esiste una situazione analoga alla nostra e occorre quindi diversificare opportunamente i ruoli e le competenze tra le due Camere.

Già nel dopoguerra nell’Assemblea Costituente si propose una differenziazione, ma l’idea fu abbandonata per la scelta prudenziale di suddividere la sovranità popolare in due assemblee quasi uguali per i timori di una vittoria elettorale del Fronte Popolare.

Ora i tempi sono cambiati e tale scelta non ha più senso.

Con questa riforma si prospetta quindi la Camera dei Deputati come l’unica che può dare o togliere la fiducia al Governo in quanto ha una vocazione politica generale e viene eletta direttamente dal popolo.

La differenziazione di compiti tra le due Camere assegna quindi al Senato compiti specifici di rappresentanza territoriale e quindi delle Regioni.

Si eliminerebbe così la concorrenza legislativa Stato-Regioni riservando così le materie principali allo Stato di cui è competente la Camera dei Deputati e altre materie di carattere regionale al Senato.

Rimarrebbe però la prerogativa dello Stato di poter sempre intervenire.

La maggiore incertezza riguarda l’interpretazione della norma costituzionale sulla composizione del Senato: l’elezione dei senatori è indiretta, essendo eletti da parte dei Consigli regionali, ma anche in qualche modo collegata al voto popolare al momento delle elezioni regionali.

Secondo la sua formulazione, la futura legge elettorale per il Senato potrà spingere verso senatori più autonomi e politici o verso senatori più direttamente legati alle istituzioni territoriali e meno influenzati dai partiti.

Il professore Fusaro sottolinea inoltre come la riforma oggetto del referendum riguarda solo la parte II della Costituzione e va quindi considerata anche come un tentativo per attrezzarsi per meglio perseguire principi e valori della parte I che nessuno ha intenzione di toccare.

E’ vero che con le riforme non si mangia ma è pur vero che senza strumenti istituzionali aggiornati non si fanno le politiche di cui i cittadini hanno bisogno; sono quindi una precondizione necessaria ma non sufficiente.

 

Filippo Pizzolato
Filippo Pizzolato

Di diversa opinione è il costituzionalista Filippo Pizzolato, professore di Diritto Pubblico all’Università Milano-Bicocca che evidenzia le ragioni del ‘no’ alla riforma costituzionale soffermandosi, oltre che sui contenuti, anche sulla retorica e il metodo che l’ha caratterizzata.

La retorica trionfante si manifesta nel fatto che finalmente si cambia la Costituzione; questo concetto sottintende che nelle regole si annidi la causa del fallimento della classe politica e che un semplice cambiamento delle regole possa rigenerare e riabilitare la stessa classe politica.

Un’altra retorica insidiosa è che “il meglio è nemico del bene”; questa affermazione sembra voler tagliare l’apertura a un confronto critico.

L’ultima retorica è pensare che se fallisce questo tentativo di riforma costituzionale non potranno essercene altri.

Occorre quindi innanzitutto scrollarsi di dosso tali retoriche per poter affrontare un confronto serio sulla riforma.

Il metodo adottato ha visto l’approvazione di una riforma costituzionale così corposa (47 articoli) con una maggioranza molto ristretta e praticamente senza il concorso delle opposizioni.

Il referendum costituzionale si configura come garanzia aggiuntiva, non sostitutiva, del consenso parlamentare quindi il suo svolgimento non potrà sanare lo strappo della maggioranza.

Riguardo i contenuti, riprendiamo le questioni salienti:

Per il superamento del bicameralismo perfetto si prospetta una soluzione confusa e perfino contraddittoria.

Contraddittoria perché sembra volerci dirigere verso un Senato delle autonomie territoriali, tuttavia la riforma riaccentra molte competenze legislative introducendo una clausola di supremazia con cui, su proposta del Governo, lo Stato potrà intervenire in materie di competenza legislativa delle Regioni.

La supposta eliminazione della concorrenza legislativa Stato-Regioni non viene risolta perché permangono materie affidate allo Stato sotto forma di “norme generali”. Inoltre la riforma inciderà, con i descritti decreti restrittivi, solo sulle competenze delle Regioni a statuto ordinario, accentuando così la condizione di privilegio delle Regioni a Statuto speciale.

La rappresentanza delle Regioni è perseguita in modalità ambigua e debole, perché si è scelta una soluzione compromissoria che prevede i senatori eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Si avrà così un Senato a rappresentanza incerta di cui non si può dire se prevarrà la lealtà partitica o quella territoriale.

Il diverso ruolo attribuito di volta in volta al Senato nelle varie materie introduce ben nove procedimenti legislativi differenziati il che comporta una complessità che contraddice l’idea di semplificazione annunciata.

 

In definitiva, riguardo la migliore governabilità che la riforma dovrebbe comportare, l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida ha pubblicamente fatto notare, sulla scorta dell’esperienza vissuta, come il vero motivo della mancata ratifica delle leggi non è da imputare al bicameralismo ma alla mancata volontà politica che spesso fa arenare l’iter legislativo.

 

A cura di Franco Contino

 

fonte: Aggiornamenti Sociali - Giugno/Luglio 2016

Posizioni a confronto sulla riforma costituzionale

Carlo FUSARO- Filippo PIZZOLATO