Giovedì Santo, giovedì dell’amore ‘esagerato’ di Gesù: così lo definisce il nostro Fondatore, Guglielmo Giaquinta.
Giovedì Santo, giovedì della tenerezza fraterna e filiale, del dialogo e della comunione, della commozione e della visione, del servizio e dello stupore.
Giovedì Santo, giovedì del mistero, del pane che diventa carne, del vino che diventa sangue; giovedì in cui tutto questo accade per sempre.
Giovedì Santo, giovedì della vita che si dona, della parola che fluisce e diventa preghiera, dell’intercessione che spalanca il cielo e dei piedi che non sono mondi.
Giovedì Santo, giovedì dell’incomprensione, della solitudine e del tradimento, dell’amicizia ferita, del bacio ingannatore, della notte che avanza, delle domande senza risposta.
Giovedì Santo, giovedì del timore, del sonno sconfortato, del flebile richiamo del Pastore e della dispersione delle pecore.
Giovedì Santo, giovedì degli ulivi, del sangue sudato, del diavolo in agguato a completare l’opera sua.
Giovedì Santo, giovedì delle verità rivelate, del passaggio della morte e della vita, del rifiuto e dell’obbedienza, dell’abbandono confidente alla volontà del Padre.
Giovedì Santo, giovedì dell’amore, del distacco dagli amati, della nostalgia della vita che fugge, dei cari volti a cui rinunciare: le loro risa, le fanciullaggini, l’ardore dei cuori, le fragilità.
Giovedì Santo, giovedì potente come una forbice nel recidere il legame con quei tre anni di storia, di famiglia, vissuti lungo le strade in un continuo peregrinare da un cuore all’altro, da un dolore all’altro, da un peccato all’altro, da un sorriso all’altro, nell’abisso della misericordia.
Giovedì della Cena speziata di storia e di memorie, ricordo di una liberazione che da schiavi ha reso popolo, di canti di lode e di gesti inusuali nel compiere il rito.
Giovedì Santo inizio del nuovo cammino, breve ma intenso, di un Dio che si fa fango e sangue perché abbia cominciamento la nuova creazione. Le mani del Padre dei cieli che impastano al ritmo del giudizio e della condanna, della crocifissione e della morte, del sepolcro e della risurrezione, delle lacrime e della fiducia l’umanità nuova, santa.
Giovedì Santo, giovedì delle trame insidiose, degli inganni, dei soldati e del potere, dell’inerme che più non sfugge alla cattura, del disconoscimento del Maestro, del gallo che canta, del pianto amaro e dello sguardo di misericordia.
Giovedì dell’ora attesa e desiderata, amata e temuta. Quell’ora che come l’orizzonte ha raccolto ogni sguardo, sogno, desiderio, ora così prossima e dolorosa, spietata e necessaria.
Giovedì degli uomini che non comprendono, delle loro attese deluse, delle valutazioni timorose, del sogno del regno infranto e dello sgomento.
Giovedì delle donne che avvertono nel grembo il parto doloroso che deve avvenire, della Madre che insegue il Figlio aprendogli ancora una volta il cuore, dei sogni premonitori, dei lini preparati, dei piedi che corrono con Lui sino alla Croce.
Sibila il serpente nel cuore di Giuda! La lusinga, l’inganno, il disprezzo, la delusione, la rabbia e la follia. Giullare inconsapevole del dramma è Giuda: uno di noi.
Sibila il serpente tra i rami di ulivi. Come è amara la notte, senza conforto, solo la misura del dolore che inorridisce e sfianca le forze! Quanto è dolce la notte che si beve nel calice dell’obbedienza: ora è il soffio del Padre tra gli ulivi! E noi avviliti, abbandonati al torpore non comprendiamo il mistero.
La Madre piange silenziosa: lei sa da sempre che sarebbe arrivata l’ora, la sa nella carne, nei sospiri, nelle preghiere, nei segni custoditi nel cuore.
La Madre si fa compagna, custode vigilante e sorella; danza al ritmo della Redenzione, compone le parole alla musica che il figlio suona.
Cuore di donna umile e forte, che non arretra ma incoraggia. Mani di donna che tessono e riparano, che fanno nuove le cose usate e dividono il pane alla mensa: prima i bambini, gli anziani e i poveri, poi gli adulti. Perché tutti siano sazi!
Il Figlio è il buon pane, cotto nel forno dell’amore, al fuoco del dolore. Più si dona, più si moltiplica. Le sue mani di donna sfiorano i secoli come una tastiera, ogni tasto è un desiderio degli uomini, un sogno, una fame, un grido, un canto, una preghiera. I secoli sono un solo oggi e lei col Figlio suona e sfama. Nulla può fermare la potenza della Redenzione.
Il serpente striscia e getta sugli uomini il fumo dell’inconsapevolezza, che stordisce le percezioni e annebbia l’intelletto, falsifica il reale e gioca con i sentimenti feriti: una maschera troppo perfetta che nasconde il volto putrefatto e corrotto del male.
Gesù scende nel pane: la verità dirompe.
Gesù scende nel vino: l’amore straripa su ogni uomo.
Maria, cuore e mani in azione, distribuisce il cibo di vita, ci rende comunione camminandoci accanto e accogliendo il dolore del parto che la travaglia da secoli, come travaglia il grembo del Figlio. Ancora ci nutre del sangue e della carne, ancora ci dà forma, mille e mille volte, alzando argini potenti all’assalto del peccato.
Noi partoriti all’infinito da questa tenera Madre!
Noi partoriti per sempre dal grembo ‘materno’ del Cristo, dal Suo cuore.
Loredana Reitano