Riportiamo un estratto delle parole rivolte da Papa Francesco alle famiglie incontrate nel corso del suo viaggio in Messico, sono una carezza paterna offerta a tutte le famiglie mondo.
Credo che questo sia ciò che lo Spirito Santo vuole sempre fare in mezzo a noi: dare coraggio, regalarci motivi per continuare a scommettere sulla famiglia, a sognare e costruire una vita che sappia di casa e di famiglia.
E questo è ciò che Dio Padre ha sempre immaginato e per cui fin dai tempi antichi Dio Padre ha combattuto. Quando tutto sembrava perduto quella sera nel giardino dell’Eden, Dio Padre ha dato coraggio a quella giovane coppia e le ha mostrato che non tutto era perduto.
E quando il popolo di Israele sentiva che non c’era più un senso nell’attraversare il deserto, Dio Padre lo ha incitato ad avere coraggio con la manna. E quando venne la pienezza dei tempi, Dio Padre ha dato coraggio all’umanità per sempre dandoci il suo Figlio!
Allo stesso modo, tutti noi che siamo qui abbiamo fatto esperienza che, in molti momenti e in forme differenti, Dio Padre ha dato coraggio alla nostra vita. Possiamo dunque chiederci: perché? Perché non può sa fare altro! Dio nostro Padre non sa fare altro che amarci e darci coraggio, e spingerci e farci andare avanti. Non sa fare altro! Perché il suo nome è amore, il suo nome è dono gratuito, il suo nome è dedizione, il suo nome è misericordia. Tutto ciò ce lo ha fatto conoscere in tutta la sua forza e chiarezza in Gesù, suo Figlio, che ha speso la sua vita fino alla morte per rendere possibile il Regno di Dio. Un Regno che ci invita a partecipare a quella nuova logica, che mette in moto una dinamica in grado di aprire i cieli, in grado di aprire i nostri cuori, le nostre menti, le nostre mani e ci sfida con nuovi orizzonti. Un Regno che ha il sapore di famiglia, che ha il sapore di vita condivisa. In Gesù e con Gesù questo Regno è possibile. Egli è in grado di trasformare le nostre prospettive, i nostri atteggiamenti, i nostri sentimenti, tante volte annacquati, in vino di festa. Egli è in grado di guarire i nostri cuori e ci invita più e più volte, settanta volte sette a ricominciare. Egli è sempre in grado di rendere nuove tutte le cose.
Manuel (intervenuto in una testimonianza), tu mi hai chiesto di pregare per tanti adolescenti che sono scoraggiati e vivono momenti difficili. Lo sappiamo… Tanti adolescenti senza slancio, senza forza, svogliati. E come hai detto bene, Manuel, spesso questo atteggiamento nasce perché si sentono soli, perché non hanno nessuno con cui parlare. Pensateci, voi padri, pensateci, voi madri: parlate con i vostri figli e le vostre figlie? O siete sempre occupati, oberati? Giocate con i vostri figli? E questo mi ha ricordato la testimonianza che ci ha donato Beatriz (altro intervento-testimonianza). Beatriz, tu hai detto: “La lotta è sempre stata difficile per l’incertezza e la solitudine”. Quante volte ti sei sentita mostrata a dito, giudicata: “quella”. Pensiamo a tutte le persone, a tutte le donne che passano per quello che ha passato Beatriz. La precarietà, la scarsità, molto spesso il non avere neppure il minimo indispensabile può farci disperare, può farci sentire una forte ansia perché non sappiamo come fare per andare avanti, e ancora di più quando abbiamo dei figli a carico. La precarietà, non solo minaccia la stomaco (e questo è già molto), ma può minacciare perfino l’anima, ci può demotivare, toglierci forza e tentarci con strade o alternative di apparente soluzione ma che alla fine non risolvono nulla. E tu sei stata coraggiosa, Beatriz, grazie! C’è una precarietà che può essere molto pericolosa, che può insinuarsi in noi senza che ce ne accorgiamo, ed è la precarietà che nasce dalla solitudine e dall’isolamento. E l’isolamento è sempre un cattivo consigliere.
Manuel e Beatriz hanno usato, senza accorgersi, la stessa espressione, entrambi ci mostrano come tante volte la più grande tentazione che abbiamo di fronte è starcene da soli, e lungi dal darci coraggio, questo atteggiamento, come la tarma, ci corrode l’anima, ci inaridisce l’anima.
Il modo di combattere questa precarietà e questo isolamento, che ci rendono vulnerabili da tante apparenti soluzioni – come quella che menzionava Beatriz – va dato a diversi livelli. Uno è attraverso leggi che proteggano e garantiscano il minimo necessario affinché ogni famiglia e ogni persona possa crescere attraverso lo studio e un lavoro dignitoso. E l’altro, come hanno ben sottolineato le testimonianze di Humberto e Claudia quando ci hanno detto che stavano cercando di trasmetterci l’amore di Dio che avevano sperimentato nel servizio e nell’assistenza agli altri. Leggi e impegno personale sono un buon abbinamento per spezzare la spirale della precarietà. E voi vi siete fatti coraggio; e voi pregate, voi state con Gesù, voi siete inseriti nella vita della Chiesa. Avete usato una bella espressione: “Noi facciamo comunione con il fratello debole, il malato, il bisognoso, il carcerato”. Grazie, grazie!
Oggi vediamo e viviamo su diversi fronti come la famiglia venga indebolita, come viene messa in discussione. Come si crede che essa sia un modello ormai superato e incapace di trovare posto all’interno delle nostre società che, sotto il pretesto della modernità, sempre più favoriscono un sistema basato sul modello dell’isolamento. E si insinuano nelle nostre società – che si dicono società libere, democratiche, sovrane – si insinuano colonizzazioni ideologiche che le distruggono, e finiamo per essere colonie di ideologie distruttrici della famiglia, del nucleo della famiglia, che è la base di ogni sana società.
Certo, vivere in famiglia non sempre è facile, spesso è doloroso e faticoso, ma, come più di una volta ho detto riferendomi alla Chiesa, penso che questo possa essere applicato anche alla famiglia: preferisco una famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore, a una famiglia e una società malata per la chiusura o la comodità della paura di amare. Preferisco una famiglia che una volta dopo l’altra cerca di ricominciare a una famiglia e una società narcisistica e ossessionata dal lusso e dalle comodità. “Quanti figli avete?” – “No, non ne abbiamo perché ci piace andare in vacanza, fare turismo, voglio comprarmi una villa…”. Il lusso e la comodità; e i figli aspettano; e quando ne vuoi uno, ormai è passato il momento. Che danno che fa questo! Preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici a una famiglia con le facce imbellettate che non sanno di tenerezza e compassione. Preferisco un uomo e una donna, il Signor Aniceto e la Signora, con il viso rugoso per le fatiche di tutti i giorni, che da più di 50 anni continuano a volersi bene, e oggi li abbiamo qui; e il figlio ha imparato la lezione, e già fa 25 anni di matrimonio. Queste sono le famiglie! Quando prima ho chiesto al Signor Aniceto e alla Signora chi ha avuto più pazienza in questi 50 anni: “Tutt’e due, padre”. Perché in famiglia, per arrivare dove sono arrivati loro, ci vuole pazienza, amore, bisogna sapersi perdonare. “Padre, in una famiglia perfetta non ci sono mai discussioni”. Non è vero: è bene che ogni tanto si discuta, e che voli qualche piatto, va bene, non abbiate paura. L’unico consiglio è di non finire la giornata senza fare la pace, perché se finite la giornata in guerra arrivate al mattino in “guerra fredda”, e la “guerra fredda” è molto pericolosa in famiglia perché va scavando da sotto le rughe della fedeltà coniugale.
La vita matrimoniale deve rinnovarsi tutti i giorni. E, come ho detto prima, preferisco famiglie con le rughe, con ferite, cicatrici, ma che vanno avanti perché quelle ferite, quelle cicatrici, quelle rughe sono frutto della fedeltà di un amore che non sempre è stato facile. L’amore non è facile, non è facile, no, ma è la cosa più bella che un uomo e una donna possono darsi a vicenda, il vero amore, per tutta la vita.
(Papa Francesco, 15 febbraio 2016, Stadio “Víctor Manuel Reyna”, Tuxtla Gutiérrez – Messico)