E’ trascorso già un anno dal termine della mia esperienza lavorativa in Turchia e mi sembra interessante condividere quanto ho vissuto ad Istanbul nella Moschea Blu.
Negli ultimi due anni mi sono recata in Turchia ben 12 volte, precisamente ad Ankara, per un progetto europeo di collaborazione con un istituto di ricerca scientifico omologo di quello italiano per il quale lavoro.
A conclusione dell’ultima missione, avevo programmato una visita lampo ad Istanbul di cui (ahimè) conoscevo bene solo l’aeroporto.
La città si era subito presentata ai miei occhi veramente affascinante, ricca di storia e tradizione, ma quello che mi aveva colpito di più, oltre all’aria veramente cosmopolita che si respirava, era la religiosità profonda dei turchi praticanti. Ero già entrata in qualche moschea e avevo sempre apprezzato i gesti semplici della fede islamica eseguiti dai fedeli raccolti in preghiera; avevo notato quella devozione nella preghiera e quel profondo rispetto per il luogo sacro, aspetti che, purtroppo, non sempre ritrovo nelle nostre chiese!
Perciò, avendo solamente una giornata da trascorrere ad Istanbul, sono andata subito a visitare il Palazzo del Sultano, il meraviglioso Topkapi e poi l’altrettanto famosa Moschea Blu. Entrata in quest’ultima, dopo la magnificenza della sua grandiosa architettura e degli splendidi decori in ceramica, sono stata attratta da una specie di ufficio leggermente defilato, un po’ come le sacrestie delle nostre chiese. Sulla porta c’era un invito rivolto a tutti i visitatori a ricevere maggiori informazioni sull’Islam.
Pensando che fosse giusto superare tutte le mie perplessità, entrai: in quel momento sentivo che era importante dare la mia testimonianza di cristiana credente, far vedere che la mia fede mi rendeva sicura e pronta al dialogo, perché sempre in ascolto della Parola di Dio. Non mi sono soffermata a pensare agli eventuali problemi linguistici della conversazione: volevo discutere di religione ed ero pronta ad affrontare un incontro ravvicinato con persone di un altro credo, cosa che non mi era mai accaduta prima. Varcata la soglia di quella stanza, ricoperta di tappeti e con una nutrita libreria piena di testi sacri in arabo, ma anche in molte altre lingue, sono stata accolta da un Imam ed abbiamo conversato per più di un’ora.
E’ stato veramente un momento intenso: un incontro tra due persone che adorano lo stesso Dio, ma che vivono fedi diverse! C’è stata una gran discussione fra noi sui fondamenti delle rispettive religioni, ma sempre nel massimo rispetto l’uno dell’altra! Ho raccontato tante cose al mio amico Sibgetullah Korhan : come cerco di ascoltare e mettere in pratica il Vangelo di Gesù, come io e mio marito Giorgio siamo inseriti nel Movimento ecclesiale Pro Sanctitate, come cerchiamo di vivere la Fede nella nostra comunità parrocchiale. Devo dire che lo Spirito Santo ha guidato le mie parole…in inglese, perché ci siamo ben compresi, anche se lui era molto più bravo di me nell’esprimersi! Abbiamo riflettuto insieme sulla nostra comune radice religiosa, di come Gesù, che gli islamici reputano solo un profeta, sia per noi la realizzazione vivente delle promesse del Vecchio Testamento e sulla figura di Maria, perché anche l’Islam ne riconosce l’importanza!
Quando mi sono congedata, ho ricevuto in dono una copia del Corano con una dedica molto bella che dice:
I ask my Lord to guide me and my sister Maria to straight path
(Io chiedo al mio Signore di guidare me e la mia sorella Maria sulla retta via)
Sono stata veramente felice di essere riuscita a comunicare quanto sia importante per me, per noi cristiani, credere nella parola di Gesù e quanto bene si possa fare se si seguono i suoi insegnamenti d’amore.
Per questo motivo mi colpisce e mi offende come credente quanto è accaduto recentemente a Parigi, provocato da persone che in nome della religione si macchiano di delitti atroci. Non è questo il messaggio che ho ricevuto da un vero credente dell’Islam!
A distanza di tempo posso dire che ancora sento la soddisfazione e la gioia di aver parlato con una persona rispettosa del mio credo ed a cui spero di aver mostrato quanta profonda speranza e gioia siano nel Cristo risorto.
L’esperienza di pregare insieme il nostro Dio, mi ha fatto superare la reticenza e la paura di non saper testimoniare Colui nel quale credo: una Persona che mi ama così come sono, con tutti i miei limiti e debolezze, perché sono una “Sua creatura”.
Sono tornata successivamente ad Istanbul, nel maggio dello scorso anno, con tutta la mia famiglia: ho cercato Sibgetullah Korhan in quello stesso ufficio, ma con rammarico non l’ho trovato!
Chissà, avrei ancora tante domande da fargli!
Maria Boccanera Bersani