Parlare in un mondo globale

Oggi siamo nel mondo della comunicazione totale, possiamo interagire in tempo reale mediante strumenti sempre più innovativi, ma tutto ciò si traduce automaticamente in un superamento delle disuguaglianze e nella costruzione di una società più equa?

La comunicazione ‘tecnologica’ si traduce in una relazione vera con l’altro?

Quali strade sono percorribili per costruire una unità che non sia omogeneizzazione?

 

In merito a questi interrogativi riportiamo una breve sintesi dell’intervento che Marc Augé, antropologo ed etnologo, ha presentato nel corso di un evento organizzato dall’Istituto francese Italia/Ambasciata di Francia, in collaborazione con Università Cattolica, Università di Bergamo e Università Statale di Milano, nell’ambito di un ciclo di conferenze sul tema ‘Lingue e cittadinanza’.

 

L’innovazione tecnologica propone l’immagine di un mondo interconnesso nel quale i social network si presentano come luoghi di incontro e si accreditano come un fattore di progresso delle conoscenze.

Questa è in effetti un’idea pericolosamente illusoria perché confonde il fine con gli strumenti, il messaggio con il mezzo, la conoscenza con il riconoscimento.

 

La globalizzazione tecnologica è un sistema che diffonde l’immagine di un mondo di ubiquità e di istantaneità, che tende a occultare le condizioni reali dell’esistenza e a impoverire le dimensioni del tempo e dello spazio che costituiscono la materia prima delle relazioni istituite e pensate tra l’uno e l’altro, l’uno e gli altri, gli uni e gli altri.

 

In questo contesto ciò che ci inquieta è il fatto che non sappiamo dove andiamo.

Nel passato le utopie socio-economiche e le religioni fornivano un modello, un riferimento, una modalità di procedere verso il futuro.

Ora la tecnologia, che è avanzata più velocemente della nostra società e che ci sfinisce con il consumo degli strumenti, ci proietta in un futuro che non abbiamo pensato e che si realizza in modo vertiginoso.

Questo aspetto delle cose, unito alle crescenti disuguaglianze economiche, spiega perché, per certi aspetti, temiamo il futuro. Non aspiriamo più al futuro perché è il futuro che ci “aspira”.

 

Come orientarci in questa realtà che per certi aspetti sembra una fuga in avanti?

 

Occorre innanzitutto riscoprire le nozioni di alterità e identità.

L’alterità è all’origine dell’identità di ogni individuo, che si costruisce fin dall’inizio nella relazione con gli altri, non solo con i genitori, ma con tutti coloro che, in contesti molto diversi, lo istruiscono e lo educano in modo diretto o indiretto.

Da qui deriva la necessaria alienazione di ogni esistenza individuale, poiché accetta di esistere in un mondo definito dalla relazione tra me e l’altro.

 

La relazione si concretizza con la nascita del linguaggio e così comprendiamo come l’atto di parlare è all’inizio dell’apparizione del senso sociale. Una lingua è la realizzazione storica di questo fenomeno e i linguaggi, tra loro apparentati ma distinti, costituiscono tante modalità particolari della lingua.

La lingua è un volano di unità tra gli uomini che permette di costruire un’unità che non sia un’omogeneizzazione, un mondo unito senza essere uniforme. Essa è una frontiera e non una barriera; una frontiera è una soglia, uno spazio nel quale si percepiscono bene tanto le particolarità di un dato sistema culturale quanto l’universalità di una forma strutturale.

Imparare una lingua è al contempo riconoscere una differenza e superarla, cioè fare uno sforzo per condividere.

 

E’ vero che con il linguaggio cominciano le ambiguità e le complessità della relazione ma è pur vero che ogni scambio passa per il linguaggio; bisogna quindi correre il rischio della parola, riconoscere le frontiere e impegnarsi ad oltrepassarle.

 

Così si profila la strada, dove il digitale è occasione per incontrare, il digitare può diventare comunicare, la rete è la piazza per raccontare una esperienza e condividere un ideale…

 

Ci suonano attuali le parole del fondatore, ci spingono ad osare senza temere…

Fai in modo attraverso tutti i sistemi possibili, di condurre ad un contatto fraterno. Non avere paura di incontrare quelli che, comunemente, vengono chiamati estranei, concorrenti, avversari o anche nemici: sono essi pure tuoi fratelli. Dona il tuo contributo perché si arrivi a moltiplicare luoghi e momenti di incontro: si giungerà così ad un autentico « ecumenismo della fraternità » e si vedranno cadere molte barriere e inutili steccati.

(Guglielmo Giaquinta - 1973, Fraternità)

 

Franco Contino