Il Papa in Africa: la misericordia che non aspetta

Giovani, lavoro, rispetto per l'ambiente: in pochi giorni il Papa, nel corso del suo viaggio in Africa, ha compendiato un programma di vita per guardare al futuro con una speranza nuova: «Proteggere i giovani, investire su di essi e offrire loro una mano è il modo migliore per poter assicurare un futuro degno della saggezza e dei valori spirituali cari ai loro anziani, valori che sono il cuore e l’anima di un popolo». Parole concrete, gesti concreti, come quello di portare i medicinali all'ospedale pediatrico

di Bangui, come quello di andare, pellegrino di pace di speranza proprio nel cuore del Continente africano. E mentre si sposta geograficamente dal Kenya all'Uganda al Centrafrica, va anche 'al cuore' dei problemi. Parla di amore, pace, perdono: le uniche 'armi' capaci di fermare le guerre.

 

Per questo, in anticipo sul calendario dell'Anno giubilare, apre la Porta Santa della cattedrale di Bangui domenica 29 novembre e proclama la città «la Capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre». «Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore - ha detto Papa Francesco -. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace. E tutti insieme chiediamo amore e pace. Tutti insieme». L'apertura della Porta Santa: un segno forte dell'amore di Dio che non attende, che anticipa il calendario, segno di un Dio vicino che non sa aspettare e viene a visitarci e a donarci la sua misericordia 'in anticipo'.

 

Durante l'omelia della stessa domenica, torna ancora il desiderio di una Chiesa 'pilota', che segni il passo con l'esempio dell'amore fraterno, una Chiesa-famiglia testimone del perdono e, per questo, della speranza. Ecco l'annuncio che questo periodo di Avvento porta con se', un messaggio di speranza per l'Africa e anche per il mondo intero: in Cristo Gesù «Dio ha visitato e redento il Suo popolo» (Lc 1,68), nella persona del suo Vicario sulla terra, il Signore «annuncia pace per il suo popolo e per i suoi fedeli» (Sal 84), una pace che, però, bisogna accogliere e custodire, che bisogna desiderare e costruire giorno per giorno, nelle piccole e nelle grandi occasioni.

 

«Dobbiamo lavorare, pregare e fare di tutto per la pace. Ma la pace senza amore, senza amicizia, senza tolleranza, senza perdono non è possibile. Ognuno di noi deve fare qualcosa», ha spiegato Papa Francesco, sempre a Bangui e, rivolto ai bambini: «Ho letto quello che hanno scritto i bambini: pace, perdono, unità, amore. Vi auguro che possiate vivere in pace qualsiasi sia l'etnia, la cultura, la religione, lo stato sociale. Tutti in pace, perchè tutti siamo fratelli. Mi piacerebbe che tutti dicessimo insieme 'tutti siamo fratelli'. E per questo vogliamo la pace».

 

Tornano alla mente le parole del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, che ha lasciato a ciascuno di noi la consegna di costruire un mondo di santi e di fratelli. Accogliamo questo invito all'inizio dell'Avvento, mentre le porte della misericordia si aprono per noi e diventiamo strumenti del perdono e della pace, strumenti dell'infinito amore del Padre che si manifesta in Cristo Gesù.  

 

«... vedo ancora le braccia protese,

il tuo volto che guarda lontano,

o Cristo fratello universale,

e sento una voce che grida e ripete:

non basta pentirsi, è tempo di agire;

se tutti tornate fratelli

per il mondo c’è ancora una speranza».

 Da C’è ancora una speranza del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta


Vittoria Terenzi