Il nesso, nel binomio santità-famiglia, si presenta con una singolarità evidente: entrambi i termini sfuggono alla mera classificazione di concetti ma rispondono alla categoria della realtà. Entrambi riguardano non l’idea e non prettamente e soltanto la teologia o l’antropologia, bensì la vita. Il passaggio dal concetto all’esperienza è fondativo di entrambi, entrambi si nutrono di carità, si fondano su una casa non di mattoni ma di pietre vive e di fedeltà, ad entrambi non si accede senza umiltà, coraggio, obbedienza e amore. Per entrambi vale una prospettiva di “fiducia”.
Santità e famiglia richiamano il verbo “appartenere”: a Dio nel senso più profondo e compiuto del termine, alla propria famiglia e ai propri cari, nel senso più “fecondo”. Nessuna delle due parole oggetto di questa breve analisi ha un manuale che ne garantisca la riuscita: la santità non è traguardo numerico di gesti di bene né esenzione dalle cadute o ripetizione di una formula, la vita in famiglia non è mai standardizzabile a modelli ideali né se ne può avere cura in senso generale, per categoria di appartenenti.
Per cogliere e comprendere la Parola di Dio occorre un cuore umile e attento, una tensione positiva e una sensibilità vigile, così come per custodire i rapporti familiari e la loro delicata struttura occorre premura, pazienza e generosità.
Tecnicamente la famiglia non è un sistema chiuso in se stesso anzi scambia per la natura stessa dei suoi membri continuamente con l’esterno, ognuno porta dentro la famiglia tutto il “di fuori” e riceve dalla famiglia tutta la sostanza di ciò che è stato edificato al suo interno. In questo scambio continuo, nel passare delle stagioni della vita, si edifica e si soffre, si gioisce e si fatica sapendo che se il mondo dentro e quello al di fuori della famiglia fossero in contatto armonicamente, ciò assicurerebbe stabilità e sicurezza, tuttavia molte fragilità, molti rischi, molte tentazioni di disimpegno e di interruzione, spingono alla porta della famiglia e la insidiano. Così molti inciampi nella vita cristiana distolgono dalla pienezza dell’amore, dalla risposta massima all’amore di Dio, molti richiami suadenti, molte fatiche appannano quello che il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta chiamava il “codice genetico soprannaturale” ricevuto nel battesimo, impronta per il cammino verso la pienezza della carità e dell’amore, ovvero verso la santità.
Nel progredire della vita cristiana il Signore conduce ad allontanarsi da se’ per incontrarlo, così in famiglia troviamo il fratello, la sorella, il padre, la madre se ci prestiamo a custodire l’alterità; per tutti noi le cose difficili diventano più vicine e raggiungibili quando si incarnano in altri che le realizzano, così di fronte alla chiamata alla santità abbiamo bisogno di compagni nella strada che percorrano il cammino fisicamente accanto a noi e siano più generosi. Abbiamo bisogno di amici che ci aiutino a diventare santi, così come di padri, madri, fratelli e sorelle che ci aiutino a diventare uomini.
La tranquillità e completezza della vita familiare è un presupposto stesso della vita spirituale. L’amore nella famiglia rimane saldo se è amore senza interesse, di donazione, come l’amore di Gesù sulla croce, un amore solidale con l’uomo anche nell’esperienza del dolore.
La santità, la descriveva così il Vescovo Guglielmo Giaquinta, è un prisma a molte facce di cui ciascuna esprime un aspetto della realtà, un cristallo prismatico in cui ogni faccia è un’acquisizione nuova e un completamento delle altre. La famiglia è una di queste componenti: cristallo primo della realtà dell’uomo, fatto di carne e di passione, dove il ruolo del femminile e del maschile si rivela indispensabile, l’amore tra la madre e il padre esprime l’importanza della fedeltà e della tenerezza in famiglia, consente di affrontare insieme l’insuccesso, la solidarietà nelle vicende dei singoli, la possibilità di trovare e offrire sempre il perdono.
Tocca alla famiglia far vivere al suo interno un’esperienza autentica di gioia che potrebbe essere autentico privilegio e paradigma della gioia cristiana, per questa missione di gioia “la chiusura ermetica della casa come salvaguardia di una sola famiglia è innaturale” (Guglielmo Giaquinta), la chiusura al perdono, alla perseveranza e alla pazienza le preclude la possibilità di assaporare la vittoria che è la realizzazione stessa di tutto ciò che è umano. La famiglia è culla per formare caratteri e coscienze, matrice di molte altre, specchio dell’amore generativo di Dio, modello educativo per le altre formazioni sociali, “prima esperienza di fraternità che introduce la fraternità nel mondo…. e la benedizione che Dio in Gesù Cristo riversa su questo legame di fraternità lo dilata in un modo inimmaginabile rendendolo capace di oltrepassare ogni differenza”, così come descritto da Papa Francesco.
Il messaggio della chiamata alla santità non è rivolto solo a quelli che stanno dalla parte “giusta”: si tratta di convertire continuamente il proprio cuore, così nella vita spirituale, come ogni giorno per la propria famiglia e nell’incontro con altre famiglie.
La santità e’ fare la volontà di Dio con “gioia”, con la prontezza propria dei santi, incarnandosi nel tempo del mondo e nella storia della Chiesa, decisi a “non arrestarsi ai primi gradini dell’amore” ma salendo più in alto e portando l’amore di Dio “ a tutti, dappertutto, con ogni mezzo” (Guglielmo Giaquinta).
Nicoletta Sechi