Verso Firenze, quarta tappa... EDUCARE

a cura di Marialuisa Pugliese

EDUCARE

 

         La traccia offerta dalla Conferenza Episcopale Italiana per il cammino verso il Convegno di Firenze In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, inserisce tra i cinque verbi-guida quello dell’ “educare”, quale dimensione-compito essenziale per un cristiano impegnato oggi. Un verbo sempre evocativo di una duplice valenza, come sono le due facce della stessa medaglia. 

    Innanzitutto vi troviamo l’indicazione del processo dell’educare strettamente connesso con quello del lasciarsi educare, perché sappiamo bene che “non si può dare ciò che non si ha”, o meglio non si può consegnare a nessuno un bene che non sia accolto e conquistato giorno per giorno. Ma vi cogliamo sotteso anche quello che ogni volta si ripropone come dibattito in campo pedagogico: educazione o formazione?

  Educazione, nel suo significato etimologico, dice: tirar fuori, portare alla luce; rendere manifesto dunque e promuovere ciò che è già insito nella natura umana e in ogni singola persona. Formazione invece vuol dire: dare forma, modellare secondo un progetto … che presuppone una volontà e un’azione dall’esterno.

    A mio parere, per dirla in modo semplicissimo, le due cose sono davvero complementari: la crescita e il potenziamento si realizzano in pienezza proprio in virtù di un cammino programmato al raggiungimento di una meta. E non è solo la pedagogia ad affermarlo: per il cristiano c’è la dimensione della fede che, nella sequela del Cristo, spalanca un orizzonte spirituale ben più ampio, quello della conformazione al Figlio dell’Uomo per opera di Dio stesso.  

La proposta rivoluzionaria del Vangelo sta nell’andare insieme – maestro e discepolo – alla scuola di Gesù.  

I PRIMI DISCEPOLI

 

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

  Gv 1, 35-39  

EDUCARE …

 

COME?

Nell’ascolto dello Spirito che misteriosamente mormora nel cuore di ogni creatura.

Nel rispetto e nella promozione della libertà che rende l’uomo e la donna persone mature, capaci di fare scelte responsabili.

Nella condivisione fraterna che diventa accompagnamento, discernimento, proposta, testimonianza.

 

QUANDO?

Ogni giorno della mia vita!

Quando entro e quando esco, quando cammino e quando siedo, quando mi occupo di mille faccende e quando mi fermo a pregare … quando insegno e quando apprendo.

Leggendo la mia storia, il mio impegno, il mio stile di educatore come la grande vocazione della mia vita, come la mia missione permanente.

 

DOVE?

In interiore homine, come dice Sant’Agostino.

Nelle sfere di profondità, dove abitano la verità e la bellezza, dove si possono innestare la scienza e la sapienza, dove crescono sentimenti di purezza e di misericordia.

Dove sono predisposte tutte le “USB” umane e sociali, per entrare e uscire, per comunicare e dialogare, per ricevere e dare.

 

PERCHE’?

Per conseguire “lo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4, 13).

LA FORZA MISTERIOSA DELLA RISURREZIONE

 

Dove sembra che tutto è morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell’oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto.

         Ci saranno molte cose brutte, tuttavia il bene tende sempre a ritornare a sbocciare e a diffondersi. Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia. Questa è la forza della risurrezione e ogni evangelizzatore è uno strumento di tale dinamismo.

         Questa certezza è quello che si chiama “senso del mistero”. È sapere con certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo. Tale fecondità molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata. Uno è ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha la sicurezza che non va perduta nessuna delle sue opere svolte con amore, non va perduta nessuna delle sue sincere preoccupazioni per gli altri, non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna dolorosa pazienza.

Tutto ciò circola attraverso il mondo come una forza di vita.

                                      Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 276. 279


SANTINSIEME

 

         “Santinsieme”: potrebbe sembrare solo uno slogan dall’aria giovanile, facilmente memorizzabile, che con entusiasmo in quell’occasione portiamo stampata sulla maglietta colorata o in quell’altra scriviamo sul cartellino da attaccare al bavero del giubbotto!

E invece noi della Pro Sanctitate, dietro la parola, abbiamo imparato a sentire quanta sintesi contiene del nostro carisma. E sappiamo pure che, nella sua immediatezza, si offre a tutti gli altri nella semplice intuizione del suo contenuto: la chiamata alla santità è universale, è cioè rivolta a tutti e coinvolge insieme.

Ripartiamo proprio da qui, per rivisitare il fondamento e l’anima della nostra azione educatrice e per riconfermare i filoni privilegiati della nostra presenza ecclesiale e sociale. In linea con il Convegno di Firenze, riteniamo particolarmente importanti due degli impegni a cui siamo chiamati da sempre –  l’“apostolato della vita interiore” e la “formazione delle coscienze” – e che ora ci vengono riconsegnati come risposte urgenti da dare ai “segni dei tempi”.

Nello spirito e nella denominazione stessa che il Padre Fondatore Giaquinta ha coniato, ad essi vogliamo rimanere fedeli e in essi vogliamo continuare a operare a  servizio dei fratelli, con nel cuore la speranza di un mondo più umano.

VENITE BENEDETTI

 

E chi avrà lasciato, per amor mio, suo padre, sua madre e la moglie sua ed i figli ed i suoi campi, questi sarà veramente Beato.

 

E più beato tu, figlio di Giovanni,

Simone, pescatore galileo,

che lasciasti la casa per diventare mia pietra.

Invano attende, nello sciacquio dell’onda,

la vecchia barca un tuo ritorno:

lidi nuovi e mari più grandi ti vogliono,

crocifisso vincitore dei Cesari.

 

Nulla vi accompagni nella strada: non pane, non bastone, non bisaccia. Senza pesantezza di denaro, sarete soddisfatti di un abito solo.

 

E più beato tu, Francesco, figlio di Bernardone,

forte come la roccia del Subasio,

dolce più che la tua mistica Umbria:

le vesti gentilizie tu ridoni

ricinto di madonna nudità,

ricco nel cuore di fiamma

‑ tu gemi felice nel bosco -

e nel corpo di piaghe

Cristo redivivo.

 

Le volpi hanno una tana, gli uccelli un nido; il Figlio dell’uomo non ha dove poggiare il capo.

 

E più beato tu,

Benedetto Giuseppe Labre,

tormentato cercatore di solitudine,

ansioso pellegrino dei mille santuari.

Nato per camminare:

ogni arco è la tua casa, la strada la tua vita,

la mensa tua i rifiuti dei sazi;

tre gradini la tua bara, ma come tomba

il cielo di una chiesa.

 

A voi tutti il centuplo in questa vita

e il mio possesso nella eternità.

 

Guglielmo Giaquinta