L’Avana, Plaza de la Revolucion. Mezzo milione di persone. Sullo sfondo l’immagine di Che Guevara con la scritta del guerriero rivoluzionario, “Hasta la victoria siempre” che vuol dire, “Fino alla vittoria, sempre”. Qui Papa Bergoglio pronuncia la prima omelia del suo viaggio da missionario della misericordia e della tenerezza di Dio. Questo è il mandato che si è dato prima di volare a Cuba. Dalla sua voce una magistrale lezione per imparare l’arte fraternità. Nelle sue parole, proprio su quella piazza, la proposta di una rivoluzione.
Il Papa prende spunto dal Vangelo della Domenica:
Gesù rivolge ai suoi discepoli una domanda apparentemente indiscreta: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?” (Mc 9,33). «Essi – dice il Vangelo – tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34).
Una domanda antica e sempre nuova, un interrogativo che attraversa i secoli e risuona ancora oggi nell’animo degli uomini, nelle vicende delle famiglie, nelle dinamiche delle comunità, nel scelte dei governi. Davvero la storia dell’umanità è stata segnata dal modo di rispondere a questa domanda. Una domanda stupida, quasi insolente se la pensiamo pronunciata proprio da quel manipolo di ragazzi che aveva lasciato tutto per seguire le orme del Maestro. Eppure Gesù non mostra stupore, né disprezzo.
Egli conosce i “recessi” del cuore umano, e come buon pedagogo è sempre disposto ad accompagnarci. Fedele al suo stile, fa’ propri i nostri interrogativi, le nostre aspirazioni e dà loro un nuovo orizzonte. Fedele al suo stile, riesce a dare una risposta capace di porre una nuova sfida, spiazzando le “risposte attese” o ciò che era apparentemente già stabilito. Fedele al suo stile, Gesù pone sempre in atto la logica dell’amore. Una logica capace di essere vissuta da tutti, perché è per tutti.
Chi è il più grande? Gesù è semplice nella sua risposta: «Se uno vuole essere il primo – ossia il più grande – sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). Chi vuole essere grande, serva gli altri, e non si serva degli altri!
Missionario di tenerezza Papa Francesco, ma per nulla tenero quando sceglie di imitare il Signore nell’esercizio della verità che fa conoscere e riconosce l’insidia che minaccia il cammino della fede, e sa proporre scelte alternative, gesti concreti, strade da percorrere.
Ci richiama ad avere cura della fragilità, ad una amore concreto che deve necessariamente tradursi in azioni e decisioni. Ci invita a difendere, assistere, servire persone in carne e ossa, ci esorta a lottare e vivere per la dignità dei fratelli.
Lo sa, Papa Francesco, che lo sguardo indifeso e sofferente del povero, può mettere a dura prova le nostre ipocrisie ed essere più efficace di ogni sermone nell’aiutarci ad abbandonare futili esigenze, immotivate aspettative e ridicoli desideri di onnipotenza.
Dobbiamo guardarci dallo sguardo che giudica e incoraggiarci a credere nello sguardo che trasforma, al quale ci invita Gesù.
Questo farci carico per amore non punta verso un atteggiamento di servilismo, ma al contrario, pone al centro la questione del fratello: il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello.
Ecco la vera rivoluzione. È cominciata in Palestina più di duemila anni fa. Ha trasformato la storia attraverso la vita dei santi di tutti i tempi, ha fecondato la terra anche grazie al sangue versato da coloro che ci hanno lasciato la pelle. Questa rivoluzione è capace ancora oggi di sovvertire la logica della sopraffazione del più debole e dell’esclusione dell’ultimo. Non ha bisogno di supereroi, né di arsenali; non chiama alle armi i più intelligenti, stimati e capaci agli occhi del mondo. Ma riunisce l’esercito di uomini e donne semplicemente pronti a servire, fino alla vittoria, sempre!
Giulia Sergiacomo
Omelia di Papa Francesco a Cuba, 20 settembre 2015