Il confronto sui valori non negoziabili occupa, da oltre un ventennio, il dibattito politico italiano.
Eppure, ad un anno dalla sua elezione, nel marzo del 2014, Papa Francesco, ha fatto scendere su questo termine un velo di proibizione, con una lapidaria sentenza pronunciata nel corso della sua lunga intervista a Ferruccio De Bortoli: «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta». Da allora, tutti i protagonisti dei confronti culturali e politici, si guardano bene dal pronunciare questa espressione, ma continuano a confrontarsi come prima limitandosi spesso ad utilizzare altre terminologie.
Noi vogliamo raccogliere fino in fondo la provocazione di Papa Francesco e, al di là delle parole, desideriamo interrogarci e ragionare sull’argomento, prendendo spunto da interessanti considerazioni proposte dal gruppo di studio sulla Bioetica della rivista Aggiornamenti Sociali, noto mensile dei gesuiti di analisi della vita sociale, politica ed ecclesiale del nostro Paese.
Nel dibattito politico in Italia, l’espressione “Valori Non Negoziabili” (VNN) diventa spesso luogo comune per indicare quei valori che non sono oggetto di scambio. Essi indicano l’adesione a un programma “ideale” ispirato all’identità cristiana e fedele all’etica e alla sensibilità cattolica; comprendono la difesa della vita e della famiglia fondata sul matrimonio e comportano una discussione sulle questioni di bioetica.
Accade però che la discussione, spesso retorica, rischia di trascurare la declinazione pratica di tali valori nelle circostanze storiche e sociali in cui vengono proposti; la loro applicazione nella realtà quotidiana, inoltre, non riguarda solo i politici ma ogni credente, in quanto partecipe della costruzione della città terrena.
Mi sembra di poter dire che nel panorama politico italiano si sono spesso strumentalizzati i VNN per distinguere il vero cattolico da chi non lo è; si sono considerati così i VNN una lista chiusa di valori per discriminare.
Una parte politica li ha difesi tenacemente, riducendo però troppo spesso la tutela complessiva della persona umana alla salvaguardia di particolari scelte su temi specifici, mentre altre parti politiche hanno anch’esse strumentalizzato il dibattito per qualificarsi come progressiste e riformiste.
Attenzione! Non negoziabile non significa non argomentabile, occorre quindi un impegno argomentativo costante tra credenti e non credenti, l’irrazionalità è sempre da rifiutare.
Per i cattolici veri la sfida consiste nella capacità di perseguire, attraverso forme concrete differenziate politicamente (pluralità di scelte politiche), il riconoscimento condiviso della dignità della persona.
Nel magistero non si parla espressamente del termine VNN ma si parla dell’esistenza di un’istanza etica non sottoponibile alla discussione democratica ma ad essa superiore e sua guida. Si parla così di ‘principi morali inderogabili’ o di ‘esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili’. Tali istanze trovano un fondamento nel legame che mantengono con la difesa e la promozione della persona umana; questo legame è giustificato in nome della natura stessa della persona.
Nella realtà sociale assistiamo ad un confronto continuo tra due concezioni di valore.
La concezione soggettivista afferma che il valore è funzione degli interessi, dei desideri o delle preferenze soggettive di chi valuta; l’origine del valore è nella scienza economica che distingue tra valore d’uso e valore di scambio, cioè tra utilità reale e utilità artificiale (denaro per esempio).
La concezione oggettivista sostiene invece che certe cose hanno valore indipendentemente dal loro essere desiderate o preferite. C’è però un problema nello stabilire la gerarchia per cui rimane sempre una relativizzazione dei valori. Idealmente si dovrebbero avere valori che non siano oggetto di una posizione o di una decisione soggettiva.
Direi che in definitiva l’ipotesi più sensata, di kantiana ispirazione, è considerare la dignità della persona umana come valore fondamentale. Questo è certamente un riferimento sicuro, tenendo però conto che tale dignità può a sua volta essere declinata nelle mutevoli e complesse circostanze storiche e sociali della vita umana.
In campo politico, si possono distinguere due approcci possibili e alternativi per definire una proposta compatibile con i VNN:
Il primo sostiene che in ambito politico i compromessi sui VNN non siano ammissibili.
In questo caso si ribadisce che l’intransigenza è necessaria anche se i cattolici sono una minoranza e rischiano di essere sempre più esclusi dal dibattito politico, facendo così degradare la società verso forme sempre meno umane. L’unica possibilità di mediazione è quella di dare il proprio assenso a una proposta che intende ridurre gli effetti negativi di una situazione legislativa già esistente.
Non sarebbe ammissibile, per questo approccio, la candidatura di un cattolico in un partito o in una coalizione che prevedono mediazioni sui VNN, e allo stesso modo l’elettore cattolico non potrebbe dare l’assenso a una proposta politica che non sia garantista su questi temi.
Il secondo approccio, vista l’impossibilità di approvare leggi che siano perfettamente corrispondenti ai convincimenti morali, consiste nel fare riferimento alla natura laicale dell’agire politico, secondo il criterio della “riduzione del danno”.
In questo caso il politico cattolico esige che le tematiche della vita, della famiglia e della libertà di educazione siano parte integrante di un progetto politico e ricerca, nelle condizioni date, il bene possibile. Crea le condizioni per norme condivise e durature evitando spaccature profonde nel Paese e testimonia personalmente la propria convinta adesione a determinati principi. In questa prospettiva l’elettore cattolico può prendere in considerazione diversi programmi politici, valutando come vengono trattati alcuni temi nella possibilità che siano realmente condivisi e in coerenza con un disegno complessivo.
È evidente che ogni cittadino resta libero di scegliere secondo la propria coscienza e in assoluta libertà, i due percorsi restano alternativi.
Resta essenziale, oltre che opportuno, rispettare l’autonomia delle realtà secolari perché in esse la competenza non viene data da una consacrazione sacramentale ma dalla scienza e dalla esperienza.
L’autonomia non comporta separazione tra la categoria della fede e quella dell’agire, ma esige capacità di valutazione e di mediazione.
Sarebbe auspicabile che tutti gli schieramenti evitassero orgogliose chiusure autosufficienti, con la pretesa di essere i soli autentici rappresentanti dell’identità cristiana. Essa è certamente molto più di uno slogan, ed esige di essere incarnata nel pluralismo delle situazioni, giorno per giorno, quando proprio la fede anima le competenze umane dell’analisi, del confronto, della mediazione e della progettazione.
Franco Contino