“La santità proviene dall’amore redentivo di Cristo, da quel suo desiderio di portare tutti al Padre. In tutta la sua vita Guglielmo Giaquinta ha avvertito l’urgenza di annunciare al mondo che
l’amore di Dio sana e salva. Un amore totale, oblativo che guarisce le ferite dell’anima, ridona la gioia del vivere ed apre le porte all’unione eterna con Lui: non c’è un amore più grande di
questo, «dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13)”. (dalla presentazione di F. Asti)
L’amore redentivo è il cuore della spiritualità del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta (1914-1994) fondatore della famiglia Pro Sanctitate. Il testo ne esplora gli scritti per scoprire l’amore redentivo come la sottile trama che percorre la sua vita di “apostolo della santità”. Attraverso la sua esperienza spirituale, la sua testimonianza di vita, la sua opera di fondatore, egli consegna alla Chiesa del terzo millennio la certezza che Dio-Amore ama l’uomo infinitamente e gratuitamente, Gesù Cristo sulla croce lo ha reso visibile in tutta la sua grandezza, l’uomo è chiamato ad accogliere un così grande dono con il massimo del suo amore in una vita trasformata dalla presenza di Dio.
Cristina Parasiliti Caprino, laica consacrata dell’Istituto Secolare delle Oblate Apostoliche, opera attivamente nel Movimento Pro Sanctitate. Ha compiuto gli studi di teologia presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania e il Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum a Roma, dove ha conseguito il dottorato in teologia spirituale. Nei suoi studi ha approfondito la figura e la spiritualità del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta. Collabora con la rivista “Aggancio” e si occupa di formazione nel Movimento Pro Sanctitate. Insegna religione cattolica presso un istituto di istruzione superiore in provincia di Brescia.
L’immagine di copertina:
Kelmily, 1971, particolare; terracotta policroma. L’opera, conservata presso la sede di Largo Arbe, 5 a Roma dell’Istituto Secolare delle Oblate Apostoliche, ha assunto un particolare significato in relazione alla figura e alla spiritualità del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, che l’ha intitolata “Il Cristo del sorriso”: come esprime nella omonima preghiera, il Cristo morente sorride perché la sua morte porta a compimento la redenzione, pienezza dell’amore di Dio.